Chi aizza l’odio

«Colpa dei clandestini!», urlano fascisti e leghisti, come se la clandestinità fosse un dato di natura e non il prodotto dei meccanismi di controllo delle migrazioni (più esplicitamente: un prodotto della legge).
Il clandestino è stato inventato, così da escluderlo in maniera reale e simbolica da qualsiasi politica di accoglienza e inclusione. Come scrive Annamaria Rivera, «Tale esclusione giova a perpetuare la debolezza sociale degli immigrati, la loro ricattabilità, dunque la convenienza economica in quanto forza-lavoro; vale a eludere l’onere di realizzare e rendere effettive le politiche sociali; serve ad avere a disposizione un capro espiatorio su cui concentrare tensioni e conflitti, da utilizzare al momento opportuno per campagne all’insegna di law and order» [qui].
I “clandestini” sono il pretesto che rende concreto lo «spettacolo del confine», ovvero, dice Gianluca Gatta, l’appiglio per «una performance discorsiva e mediatica che rende visibile la migrazione, rendendo invisibile la legge e le pratiche di gestione dei corpi. È proprio in questo modo che “lo Stato pensa se stesso pensando l’immigrazione”; mediante la naturalizzazione (e direi la “medicalizzazione”) degli arrivi si cela la genesi e l’articolazione dei poteri» [qui].

Su “AgoraVox”, Giulia Usai ha raccolto il peggio che è sorto (e sta montando) intorno ad una storia drammatica di per sé. Un esempio tra i tanti, le parole di Matteo Salvini, segretario della Lega Nord per la Lombardia, che ha dichiarato: «I clandestini che il ministro di colore vuole regolarizzare ammazzano a picconate: Cécile Kyenge rischia di istigare alla violenza nel momento in cui dice che la clandestinità non è reato, istiga a delinquere», QUI.

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AGGIORNAMENTO (ottobre-novembre 2013):
Sul “reato di clandestinità” sta mostrando il suo vero volto anche il M5S. Beppe Grillo, dopo l’ecatombe di Lampedusa, ha scritto un post molto esplicito, a cui sono seguite varie reazioni, tra cui quella di Alessandro Dal Lago. I testi e i link sono tra i commenti qui sotto.

AGGIORNAMENTO del 14 gennaio 2014:
“La Repubblica” riferisce che il quotidiano leghista “La Padania” ha pubblicato tutti gli appuntamenti del ministro Kyenge: «Inaugurata una nuova rubrica con l’agenda della titolare dell’Integrazione, riportata già dal sito del ministero». (Anche tra i commenti qui in basso).

AGGIORNAMENTO del 12 settembre 2014:
Stamattina un paio di “imprenditori politici della paura” si sono dati appuntamento su Twitter (clicca sulle immagini per accedere alla fonte):

Screenshot 2014-09-12 12.15.00

(il post originale è qui: t.co; cliccandovi, il “sacro blog” non riceverà ulteriore audience)

Screenshot 2014-09-12 12.15.05

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AGGIORNAMENTO del 20 ottobre 2014:
La deriva destrorsa di Beppe Grillo e del M5S sembra ormai inarrestabile:

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INTEGRAZIONE del 17 giugno 2015:
“Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?”. Come si risponde a questa (ricorrente) domanda (vile e menefreghista)? Non si risponde, ecco. Ma perché non si deve rispondere? Lo spiega Luca Sofri, che poi aggiunge: ora passiamo a domande migliori.

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INTEGRAZIONE del 17 giugno 2015:
Passano gli anni, ma la xenofobia di Grillo si conferma, se non peggiora. Oggi ha twittato questo schifo assoluto in cui mette sullo stesso piano topi, spazzatura e clandestini (termine dispregiativo che qualifica chi lo usa):

(Qui lo screenshot salvato da Francesco Nicodemo).

Informazioni su giogg

Studio il rapporto tra gli esseri umani e i loro luoghi, soprattutto quando si tratta di luoghi "a rischio"
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9 risposte a Chi aizza l’odio

  1. giogg ha detto:

    A proposito di linguaggio, il 5 aprile 2013 Cécile Kyenge (allora non ancora ministro) ha pubblicato questo tweet:

    @ckyenge
    L’agenzia Adnkronos annuncia che i suoi lanci non conterranno più la parola ‘clandestino’ riferita alle persone immigrate.

  2. giogg ha detto:

    “Il Giornale”, 14 maggio 2013, QUI

    Campagna contro i clandestini. La Lega in tivù con 850 spot
    di Redazione

    Lo slogan è conciso ma il messaggio è efficace. «Clandestino è reato». Con questo a frase ad effetto, e l’invito a firmare, la Lega Nord sceglie di portare il problema della sicurezza in tivù. Saranno dei veri e propri spot – ne sono previsti 850 – che da oggi e per i prossimi dieci giorni verranno trasmessi infatti sulle emittenti private lombarde con quest
    Non si fermano le iniziative del segretario lombardo del Carroccio, Matteo Salvini. Che da oggi sceglie lo strumento più diffuso in tutte le famiglie, la televisione appunto, per non far scemare l’attenzione su un tema scottante, quello della sicurezza a Milano. Una decisione, quella degli spot, presa ieri dopo la morte di un’altra delle persone ferite dalla follia di Mada Kabobo, il ghanese di 31 anni che sabato si è avventato sui passanti in zona Niguarda. Daniele Carella, 21 anni, è spirato infatti alle 10.50. «Una ragione in più per non dimenticare questa vicenda drammatica, il gesto di un folle che è però anche un clandestino che non avrebbe dovuto essere qua, avrebbe dovuto essere espulso» ha ribadito ieri Salvini. La Lega domenica aveva raccolto ben 400 firme in piazza Belloveso dove lo straniero clandestino aveva aggredito sei persone uccidendo subito il 40enne disoccupato Alessandro Carolè
    .

  3. giogg ha detto:

    Beppe Grillo ormai è esplicitamente xenofobo.
    Oggi ha pubblicato un post in cui elenca tre casi di violenza perpetrata da non italiani. Come già visto, ecco un nuovo esempio di sciacallaggio a fini politici alimentando pulsioni intestinali, piuttosto che riflessioni su cause e soluzioni.
    «Chi è responsabile? Non la Polizia che più che arrestarli a rischio della vita non può fare. Non la magistratura che è soggetta alle leggi. Non il Parlamento, che ha fatto della sicurezza un voto di scambio elettorale tra destra e sinistra e ha creato le premesse per la nascita del razzismo in Italia».
    Come scrive Daniele Sensi, «Propongo joint venture tra il blog di Beppe Grillo e Radio Padania, che ogni giorno, verso sera, elenca i crimini commessi da cittadini stranieri in Italia» [qui].

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    In serata «La Stampa» ha pubblicato un articolo con le reazioni della base del M5S: «Grillo: “Quanti sono i Kabobo d’Italia?”. La base 5 Stelle divisa: “Sembra Salvini”. Il leader del Movimento elenca fatti di cronaca con protagonisti cittadini di origine non italiana», QUI.
    Tra i disappunti a Grillo segnalo i seguenti:
    1) «Lavarsi le mani nel sangue altrui a maggior gloria della propria coscienza è uno sport antico e, perdonate la franchezza, uno sport di merda» (Stefano).
    2) «Dopo quello sullo ius soli mi tocca leggere anche questo post. Vuoi proprio spostare il Movimento a destra, la peggior destra possibile?» (Massimiliano).
    3) «Svegliaaaa. Il post sul picconatore arriva oggi, quando il vostro Beppe è a Treviso, patria del Carroccio! Vi dice nulla?» (ex militante).
    4) «In Veneto ci scopriamo leghisti, in Abruzzo siam tutti aquilani, in Sicilia andremo a cena con Micciché?» (anonimo).
    5) «Ma questo articolo chi lo ha scritto, Salvini?» (Frank).
    6) «Quello che ci fotte è l’ipocrisia e la demagogia» (Enzo)
    7) «Da elettore e partecipante a questo Movimento [mi aspetto] risposte chiare. Non tollero la xenofobia» (Giulio).
    8) «Questo post più che razzista mi sembra paraculo. Si solletica la pancia di chi ha paura dell’immigrazione parlando di episodi che nulla hanno a che fare con il colore della pelle» (Roberta).

    • giogg ha detto:

      A proposito del post di Beppe Grillo, Alessandro Capriccioli (Meltiparaben) sostiene che è:
      STUPIDITÀ, NON RAZZISMO
      Non è mica una questione politica, sapete, ma logica.
      Cioè, sottolineare che chi ha preso a picconate delle persone era clandestino, con ciò volendo desumere delle conseguenze sulla disciplina dell’immigrazione, è esattamente come affermare che chi ha sparato a questo o a quell’altro era, che ne so, un impiegato pubblico, e poi trarre delle conclusioni su come funzionano i concorsi.
      Voglio dire: quando uno entra in Italia e gli accordano il permesso di soggiorno, mica lo fanno perché hanno acclarato in chissà quale modo che non prenderà a picconate nessuno, ma semplicemente perché un determinato iter burocratico risulta rispettato; il che equivale a dire che Mada Kabobo avrebbe fatto quello che ha fatto pure se fosse stato regolare, cosa che avrebbe potuto tranquillamente essere indipendentemente dalla sua propensione a picconare la gente.
      Insomma, io non so se stracciarsi le vesti per il fatto che un assassino fosse clandestino denoti un atteggiamento razzista.
      Quello che so per certo è che denota stupidità.
      E neanche poca
      .
      (17 maggio 2013, QUI; interessante lo scambio tra i commenti)

  4. giogg ha detto:

    «La Repubblica» (via-Eddyburg), 22 agosto 2013, QUI

    CHI PAGA I PASTI AGLI IMMIGRATI
    Razzisti: con la giacca blu e la cravatta a pois, ma comunque razzisti. Al governo, con centro e sinistra. (s)parlando a un meeting di cattolici con la patente CL. C’est l’Italie!
    di Tito Boeri

    Ieri al meeting di Rimini il vice-presidente del Consiglio, Angelino Alfano, ha proposto di far pagare vitto e alloggio dei detenuti stranieri ai paesi da dove provengono gli immigrati. Ci sono quasi 25.000 detenuti stranieri nelle carceri italiane. Non pochi di questi si trovano in questa condizione per il solo fatto di essere entrati illegalmente nel nostro paese, grazie al reato di immigrazione clandestina introdotto da un governo di cui Alfano faceva parte. Quasi tutti questi detenuti sono in carcerazione preventiva, messi in prigione senza quel “giusto processo” che oggi il vice-presidente del Consiglio torna nuovamente ad invocare per chi è già passato attraverso ben tre gradi di giudizio. Solo uno straniero su dieci può accedere a quelle forme alternative alla detenzione che oggi Alfano vorrebbe per altri conciliare addirittura con la presenza in Parlamento. Come pensa il ministro di farsi liquidare i quasi 250 milioni che sarebbero richiesti per pagare vitto e alloggio per un anno ai più di 12.000 detenuti africani presenti nelle nostre prigioni? A chi chiederà Alfano questi soldi in Egitto? E nei paesi dell’Africa sub-sahariana dove il reddito pro-capite è di circa un euro al giorno contro i 50 del costo medio della detenzione in Italia? Vuol far morire di fame questi detenuti per riportarli alle condizioni dei paesi d’origine? Oppure vuole abbassare ulteriormente il salario dei secondini? E perché al “meeting dell’amicizia” nessuno ha avuto alcunché da ridire su questa proposta?
    Dopo aver per mesi insultato il ministro Kyenge, nei giorni scorsi la Lega ha deciso di promuovere un referendum per abolire il ministero dell’Integrazione. In verità la Lega ha da anni agito consapevolmente per abolire l’integrazione degli immigrati. Il linguaggio cruento, il terrore sparso tra la popolazione autoctona, le leggi promulgate quando era al governo hanno un comune denominatore: impedire una qualsiasi forma di integrazione. Bene ricordarsi di quando l’allora ministro degli Interni Maroni, in compagnia del ministro della Difesa La Russa, preconizzava sbarchi biblici dal Nordafrica, con due milioni e mezzo di lavoratori stranieri pronti a sbarcare dalla sola Libia. Ci sarebbero voluti almeno 12.500 barconi (quando oggi l’intera Marina militare italiana non dispone di più di 50 navi), con 200 persone a bordo ciascuna, roba da rendere il canale di Sicilia più ingolfato del grande raccordo anulare nelle ore di punta. A cosa serviva sparare cifre alla cieca, prive di qualsiasi riscontro con la realtà, se non a mobilitare gli italiani contro le legioni straniere? Bene ricordare che da allora sono sbarcate in Italia in più di tre anni circa 60.000 persone, molte delle quali sono poi emigrate altrove o tornate in patria.
    La legge Bossi-Fini, che oggi Lega e Pdl difendono strenuamente, non impedisce certo l’immigrazione clandestina, ma sembra fatta apposta per far permanere illegalmente decine di migliaia di immigrati nel nostro Paese, una condizione spesso contigua al coinvolgimento in attività criminali, mentre gli immigrati regolari hanno tassi di criminalità in linea con quelli della popolazione italiana. La riduzione della criminalità e della popolazione carceraria straniera (dunque dei costi della detenzione a carico del contribuente) passano proprio attraverso la regolarizzazione.
    Uno studio condotto dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti (www.frdb.org) mostra che coloro che si sono visti rifiutare la domanda di regolarizzazione nel “click day” del 2007 solo perché sono riusciti ad accedere al sito del ministero degli Interni pochi secondi dopo le 8 e 29 (a Milano) o le 8 e 10 (a Napoli) hanno tra il doppio e il triplo della probabilità di commettere reati gravi nell’anno successivo rispetto a coloro che si sono visti accettare la domanda. Sono da noi e non possono lavorare. Di qualcosa dovranno pur vivere… L’integrazione è quindi fondamentale per gestire meglio l’immigrazione, per renderla non solo economicamente (lo è già, dato che contribuisce a più del 10% del nostro reddito nazionale), ma anche socialmente sostenibile. Da quando è iniziata la crisi, i flussi in entrata, gli arrivi di immigrati, sono fortemente diminuiti (attorno al 10 per cento in meno all’anno) e quelli in uscita sono aumentati (quasi +20% nel 2012). Per questo oggi è fondamentale concentrarsi sull’integrazione di chi è già da noi. Non è detto che sia necessario un ministero dell’integrazione, soprattutto se privo di risorse e di poteri come quello creato con un forte connotato simbolico dal governo Letta. Più che un ministero serve una politica dell’integrazione. Dovrebbe reggersi sulla concessione di permessi di soggiorno a tempo indeterminato (al posto dei permessi tutti a breve termine della Bossi-Fini) per i minori stranieri (anche di irregolari) e per tutti quegli immigrati che hanno mostrato di volersi integrare. Servirà anche ad attrarre immigrati che investono nell’integrazione, dunque nel nostro Paese. Dovrebbe questa politica anche favorire in tutti i modi l’accesso all’istruzione da parte degli immigrati di seconda generazione, senza richiedere in alcun modo l’esibizione del permesso di soggiorno da parte del minore o del suo genitore. Dovrebbe anche permettere allo straniero legalmente soggiornante l’accesso a posizioni nella pubblica amministrazione al pari dei cittadini italiani, quando oggi invece gli immigrati di seconda generazione non possono partecipare ai concorsi pubblici. A proposito, perché il ministro Kyenge non ha detto nulla quando paradossalmente il disegno di legge europea varato dal suo governo ha, per un errore materiale, finito per escludere dall’accesso al pubblico impiego molti immigrati legalmente soggiornanti in Italia o che hanno acquisito titoli di studio da noi? Infine, bisognerebbe rimuovere una serie di ostacoli burocratici all’acquisizione della cittadinanza, ad esempio assimilando a questi fini gli anni di residenza legale a quelli di iscrizione all’anagrafe. È possibile farlo anche agendo sui soli provvedimenti attuativi. Non c’è bisogno di grandi proclami e di nuove leggi con il loro inevitabile strascico di demagogia e di polemiche, alla ricerca di un qualche dividendo elettorale
    .
    – – –
    Postilla di Eddyburg
    D’accordo. Ma forse bisognerebbe intendersi su che cosa significa “integrazione”: Significa italianizzare che viene da altre culture, oppure rendere l’Italia un paese nel quale molte culture convivono e si arricchiscono contaminandosi?. Io propendo per la seconda concezione. Forse perché sono napoletano e so che la storia del mio popolo è stata quella della contaminazione; e forse perché so che la grandezza degli USA non è nata dall’aver fatto diventare olandesi o svedesi gli immigrati calabresi veneti britannici francesi kenioti cinesi

  5. giogg ha detto:

    Il 13 ottobre 2013 due parlamentari del M5S hanno presentato una proposta di legge che abolisce il reato di clandestinità. (E’ da notare che nei giorni precedenti c’era stata una ecatombe di migranti al largo di Lampedusa e che in Italia c’era una commozione profonda). Immediatamente, sul suo blog, Beppe Grillo (congiuntamente a Gianroberto Casaleggio) ha scritto un post in cui redarguisce i due “cittadini” e chiarisce la posizione del movimento in merito a tale tema:

    «[…] Non siamo d’accordo sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno. […] Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico. […] Nel merito questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice “La clandestinità non è più un reato”. Lampedusa è al collasso e l’Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?».

    Il giorno seguente, sul “manifesto”, Alessandro Dal Lago ha commentato con l’articolo “Beppe Grillo fotocopia di Marine Le Pen“:

    La sconfessione dei senatori del M5S da parte della ditta Grillo & Casaleggio non ha nulla di sorprendente. Invece, quello che lascia di stucco è l’ingenuità di quelli che pensano che Grillo sia un vendicatore di torti e un difensore dei diritti dei deboli, compresi i poveri migranti. I seguaci che oggi si indignano con il capo ignorano l’assoluta coerenza di Grillo sulla questione. Nel 2007 parlava dei «sacri confini della patria» violati dai Rom. In seguito, si è espresso contro la cittadinanza ai figli dei migranti nati in Italia. Poi, tempo fa, ha detto che «i veri extracomunitari siamo noi». E oggi, ecco la presa di posizione sulla clandestinità. La spiegazione di questo indurimento progressivo, ma lineare, si chiama Marine Le Pen.
    Proprio come Grillo non vuole essere confuso con la sinistra, lei non vuole essere chiamata di estrema destra. Per entrambi, l’opposizione all’«invasione» crea rosee prospettive elettorali. Marine Le Pen è in testa nei sondaggi in Francia. E Beppe Grillo sa che il contrasto dell’immigrazione è un tema popolare non solo nell’elettorato del Pdl e della Lega, ma anche in una parte di quello del Pd, per non parlare della massa dei non votanti. Grillo l’ha detto brutalmente ai suoi senatori: «Se avessimo messo l’abolizione del reato di immigrazione nel nostro programma avremmo ottenuto percentuali da prefisso telefonico». D’altronde, su questo tema, la destra ha vinto in Norvegia, come già in Danimarca e Austria. E in Francia la «sinistra» si allinea, al punto tale che il ministro degli interni di Hollande fa di tutto per scavalcare a destra Marine Le Pen.
    E così, in Italia, si assiste a un’alleanza, per nulla sorprendente, tra Grillo, Alfano e Bossi. E lo stesso avverrà, probabilmente, sulla questione dell’amnistia. L’attacco di Grillo a Napolitano e la fesseria dell’impeachment sono mosse calcolate per smarcarsi dal «lassismo» di cui avrebbe dato prova il centro-sinistra (un lassismo del tutto immaginario, anche se agitato polemicamente dalla destra, visto che sia il contrasto dell’immigrazione, sia l’infernale degrado del sistema carcerario vanno imputati anche al centro-sinistra).
    E intanto le barche affondano. Noi saremo anche anime candide, ma in questo speculare sulle centinaia di morti – come fanno Alfano, Grillo e Bossi – c’è qualcosa di indicibile, per cui non si possono trovare parole adeguate. Quattrocento morti sul tavolo delle prossime elezioni. Ma non solo sono i politicanti a speculare. Giorni fa un conduttore di un famigerato programma radiofonico ha detto che gli annegati conoscevano benissimo i rischi che correvano. Anche i bambini? Anche le partorienti? E i vecchi? E quelli che sarebbero comunque morti di fame in Eritrea, Somalia, Siria, Libia e così via? Tutti consapevoli dei loro rischi e responsabili della loro morte, come vuole l’ignobile ideologia individualistica che ci governa?
    Ed ecco che l’unica proposta che sembra mettere d’accordo tutti è intensificare i pattugliamenti. Geniale. Così i disgraziati potranno morire di sete nel deserto, invece che in mare. E già ci immaginiamo i solerti servizi segreti europei negoziare con le bande libiche dei Centri di internamento ben lontani dalle coste, sorvegliate dalle marine di mezzo mondo. E non uno in Europa, dico non uno, che si sforza di immaginare una soluzione diversa dal pattugliamento, dall’internamento, dai fili spinati.
    In tutto questo, lo confesso, la presa di posizione di Grillo mi è sembrata una ventata d’aria fresca. Perché finalmente fa chiarezza su un movimento non solo eterodiretto dal comico e dal suo guru, ma anche strutturalmente populista. Questione dell’immigrazione e questione delle carceri sono la cartina di tornasole per stabilire che cosa è il M5S. Non conta più se tanti di sinistra vi aderiscono in buona fede. Perché «ognuno vale uno» solo se è bianco, cittadino e incensurato. Ogni altro vale nulla e non è nessuno.

    Segnalo, infine, che il 13 novembre 2013 Alessandro Dal Lago ha pubblicato il pamphlet “Clic. Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica“.
    Il “Corriere del Mezzogiorno” lo ha intervistato in merito a tali argomenti, da cui estrapolo la citazione seguente:

    «Personalmente rispetto gli elettori e gli attivisti [del M5S], il mio problema non sono loro. In generale è questa ideologia basata sulla rete, unico sistema, totalizzante. Mi fa paura. […] L’idea che uno si possa esprimere solo cliccando (da qui il titolo del libro) è folle».

    • giogg ha detto:

      AGGIORNAMENTO del 16 febbraio 2014:
      “L’Unità” ha pubblicato un estratto del pamphlet di Alessandro Dal Lago “Clic”. Ne cito un passaggio: «Il populismo non può essere che nazionalista, perché la nazione – entità ovviamente immaginaria, esattamente come il “popolo” con cui finisce per coincidere – è il crogiolo più ampio in cui trovano spazio sia le istanze sociali, sia quelle patriottiche, e quindi l’avversione per i nemici interni ed esterni. […] Si tratta … di stabilire i confini della nazione (e del popolo che la riempie), attraverso i meccanismi più sperimentati di inclusione ed esclusione. […] Si assiste, dunque, […] all’opposizione binaria, spoliticizzata e assoluta tra “noi” e “loro”. Binaria com’è quella tra guardie e ladri, giudici e criminali, onesti e corrotti, “popolo” e “casta”, cittadini e alieni».

  6. giogg ha detto:

    “La Repubblica”, 14 gennaio 2014, QUI

    KYENGE, “LA PADANIA” PUBBLICA TUTTI GLI APPUNTAMENTI DEL MINISTRO
    Inaugurata una nuova rubrica con l’agenda della titolare dell’Integrazione, riportata già dal sito del ministero
    di Redazione

    BOLOGNA – Gli appuntamenti quotidiani del ministro per l’integrazione Cecile Kyenge sono riportati dalla Padania in una nuova rubrica, “Qui Cecile Kyenge”, che si affianca, nelle pagine interne del giornale, alla consueta rubrica “Qui Lega territorio” dove vengono indicati gli appuntamenti pubblici degli esponenti leghisti.
    Quasi un elenco di posti per trovarla. Una scelta editoriale, quella del quotidiano del Carroccio, che dopo le recenti contestazioni a Kyenge sembra quasi un elenco di posti dove “trovarla” facilmente. E magari ripetere analoghe manifestazioni di protesta. E del resto, non sono state poche le manifestazioni contro il ministro del governo Letta. L’ultima pochi giorni fa, a Brescia, dove in piazza si sono affrontati militanti di centrodestra e immigrati.
    I precedenti. Tra quelle che hanno indignato di più, ad esempio, c’è il lancio di banane di questa estate, a Cervia, provincia di Ravenna, dove era attesa sul palco (e dove è effettivamente andata nonostante la contestazione). O ancora, sempre nella “sua” Emilia-Romagna, i manichini insanguinati che Forza Nuova le ha fatto trovare a Rimini.
    L’agenda del ministro. Gli appuntamento pubblici del ministro dell’Integrazione, riferiti dalla Padania, sono in realtà quelli riportati sulla agenda del ministro, pubblicata regolarmente sul sito del ministero dell’Integrazione
    .

  7. giogg ha detto:

    Come si risponde a questa (ricorrente) domanda (vile e menefreghista)? Non si risponde, ecco. Ma perché non si deve rispondere? Lo spiega Luca Sofri, che poi aggiunge: ora passiamo a domande migliori.

    “Wittgenstein”, 15 giugno 2015, QUI

    PERCHE’ NON LI PRENDI A CASA TUA?
    di Luca Sofri

    Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?
    La domanda è diventata un riflesso condizionato di alcuni, quando si parla di lavorare per accogliere civilmente gli immigrati: è una domanda retorica, serve a chi la fa per deviare da sé la consapevolezza di essere quelli che se ne fregano, serve come equivalente dell’uso del termine “buonismo”, serve per darsi di gomito e pensare di avere detto una cosa furbissima, serve a cambiare discorso quando qualcuno fa delle proposte o delle analisi sulla questione dell’immigrazione, serve come quando litigando da bambini si dice “specchio riflesso” o “chi lo dice lo dice per sé”: è la battuta della disperazione.

    Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?
    Di solito non si risponde. Per fastidio nei confronti della sciocchezza aggressiva di chi fa la domanda, per rispetto di se stessi, per imbarazzo verso qualcuno che presume con ignoranza e spocchia che tu non abbia mai accolto a casa tua immigrati o profughi, per senso di avere cose più serie di cui occuparsi, perché chi ha fatto la domanda di solito neanche la vuole, una risposta: vuole solo sentirsi molto furbo e guardarsi intorno fiero con l’aria di “hai visto che j’ho detto?”. È in malafede, vuole solo mentire a se stesso trovando un modo di assolversi dalla propria indifferenza o egoismo: è inutile rispondere a chi è in malafede.
    Di solito non si risponde, saggiamente.

    Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?
    Ma ieri un ragazzo molto giovane che aveva sentito fare questa domanda mi ha chiesto, sinceramente, “come si risponde, a questa domanda? Io lo vedo che è una domanda cretina: ma come si risponde?”

    Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?
    Non li prendo a casa mia perché sarei un incosciente presuntuoso a pensare che il problema di ciascuna di queste persone lo possa risolvere io in casa mia. Non li prendo a casa mia perché per queste persone serve altro e meglio di quello che so fare io, servono pratiche e organizzazioni che sappiano affrontare le necessità di salute, prosecuzione del viaggio, integrazione, lavoro, ricerca di soluzioni. Non li prendo a casa mia perché voglio fare cose più efficaci, voglio pagare le tasse e che le mie tasse siano usate per permettere che queste cose siano fatte bene e professionalmente dal mio Stato, e voglio anche aiutare e finanziare personalmente le strutture e associazioni che lo fanno e lo sanno fare. Non li prendo a casa mia perché quando c’è stato un terremoto e le persone sono rimaste senza casa non ho pensato che la soluzione fosse prenderle a casa mia, ma ho preteso che lo Stato con i miei soldi creasse centri di accoglienza e strutture adeguate, le proteggesse e curasse e aiutasse a ricostruire loro una casa. Non li prendo a casa mia perché se incontro una persona ferita o malata, chiamo un’ambulanza, non la porto a casa mia.
    Non li prendo a casa mia perché i problemi richiedono soluzioni adeguate ai problemi, non battute polemiche, code di paglia e sorrisetti autocompiaciuti: non stiamo litigando tra bambini a scuola, stiamo parlando di problemi grossi e seri, da persone adulte.
    E tra l’altro, possono rispondere in molti, qualche volta li prendo a casa mia.
    Risposto. Passiamo a domande migliori, va’
    .

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