Ieri pomeriggio a Bujumbura, capitale del Burundi, è giunto il Segretario Generale dell’ONU: la crisi ha raggiunto un tale livello di preoccupazione che Ban Ki-moon ha deciso di occuparsene personalmente. Oggi vedrà il presidente Pierre Nkurunziza, sperando di convincerlo a riprendere il dialogo con i contestatari, ma ieri ha già incontrato alcuni rappresentanti della società civile e certi partiti politici, anche di opposizione.
Molti considerano questo viaggio come l’ultima possibilità per evitare il peggio. Infatti per diversi oppositori in esilio esiste un alto rischio di guerra civile, come ha sorprendentemente dichiarato Alexis Sinduhije, una delle icone burundesi della pace, che alcuni anni fa riuscimmo a liberare da un arresto politico grazie ad una campagna internazionale.
Intanto anche Thomas Perriello, inviato speciale degli Stati Uniti per la regione dei Grandi Laghi, si è recato sabato scorso per la settima volta in sette mesi nel piccolo Paese africano: il presidente Nkurunziza ha preso degli impegni, ma gli americani adesso vogliono azioni concrete. La tensione è salita soprattutto dopo le manifestazioni “anti-Kagame” delle settimane scorse, quando migliaia di burundesi, sollecitati dal loro governo, sono scesi in piazza per protestare contro il Rwanda, accusato di voler destabilizzare il Burundi, come è stato detto anche alle Nazioni Unite. Da queste accuse il presidente rwandese si è difeso via-twitter rigettando ogni sospetto.
Comunque, in vista dell’incontro con il Segretario Generale dell’ONU e del prossimo summit con altri cinque capi di Stato dell’Unione Africana, la giustizia burundese nei giorni scorsi ha cancellato, senza alcuna spiegazione, 15 mandati di arresto internazionale per altrettanti ricercati, sui 34 emessi negli ultimi mesi.
Inoltre, a due radio è stato permesso di riaprire, sebbene sotto certe condizioni: si tratta di Rema FM, considerata vicina al potere, e di radio Isanganiro, la cui ex direttrice è in esilio e sottoposta ad una domanda di estradizione.

Nella foto, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon arriva all’aeroporto di Bujumbura, ieri, 22 febbraio 2016. L’immagine è di Griff Tapper (AFP).
Ne ho scritto qui.
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AGGIORNAMENTO:
Intanto, nella notte, con Ban Ki-moon presente in città, a Bujumbura sono esplose 10 granate che hanno causato numerosi feriti.
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AGGIORNAMENTO del 24 febbraio 2016:

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La missione, secondo alcuni “impossibile”, è stata quella di convincere il leader burundese a riprendere il dialogo con gli oppositori in esilio e di permettere l’invio sul suo territorio di una missione d’interposizione dell’Unione Africana. Il coraggio mostrato da Ban Ki-moon è stato grande ed ora, stando alle dichiarazioni ufficiali, Nkurunziza si sarebbe impegnato per aprire un «dialogo inclusivo» con i contestatari, tranne quelli che hanno attentato alla stabilità del Paese. Nulla, dunque, garantisce che tutte le voci saranno ascoltate, anzi, come ha twittato l’ambasciatrice Samantha Power, le promesse non sono sufficienti, per cui in Burundi alcuni sono molto scettici sulla concretezza di questo processo.
Il primo atto concreto, tuttavia, non dovrebbe tardare, poiché durante la conferenza stampa finale, Nkurunziza ha annunciato che 2.000 prigionieri saranno liberati, di cui però non si conosce ancora l’identità. Altro segnale positivo è certamente anche la riapertura di due radio, ma la libertà d’informazione resta precaria se, come afferma “Al Jazeera”, è più facile che certe notizie passino attraverso i disegni delle vignette, piuttosto che a parole.
A proposito delle tensioni con il Rwanda, il governo di Kagame ha promesso di rispettare i suoi impegni nei confronti dei rifugiati: una delegazione dell’UNHCR si è recata nel campo di Mahama, dove la ministra rwandese per i Rifugiati ha ribadito l’impegno del suo Paese, dopo che alcuni giorni fa era circolata la voce che i profughi sarebbero stati spostati verso altre nazioni.
Ricordo, infine, che i rifugiati burundesi all’estero sono oltre 230mila e una recente descrizione delle loro condizioni di vita in Tanzania è in questo articolo della “Croce Rossa Internazionale”.
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