Tra poche settimane ricorrerà il secondo anniversario dell’inizio dell’attuale crisi in Burundi. Nel Paese africano le cose non vanno affatto bene: la brutalità del potere di Nkurunziza svilisce la democrazia e sfianca la convivenza sociale. Vi sono morti quotidiane, scoperte di fosse comuni, repressione della stampa e delle voci dissenzienti. A questo va aggiunto l’enorme numero di sfollati all’estero (oltre 300mila, secondo l’UNHCR, in condizioni sempre peggiori), la crisi economica e alimentare che aumenta l’inflazione e la malnutrizione, la fragilità del territorio che, abbandonando a se stesso, non regge gli acquazzoni e provoca frane e colate di fango con diversi morti.
Due anni fa, sebbene sotto tensione, l’atmosfera era diversa: grandi manifestazioni quotidiane attraversavano il centro di Bujumbura e, tra queste, il 13 maggio 2015 si distinse la marcia delle donne, che per la prima volta scesero in strada numerose e colme di speranza.
Anima della protesta di quel giorno (e non solo) fu Ketty Nivyabandi, giornalista e poetessa. I suoi versi poetici via-tweet ispirarono e sostennero i principi democratici e i diritti umani. Con quelli di altri attivisti, ne feci una raccolta (che vi invito a leggere) in questo post.
Ieri [23 marzo 2017] Ketty, che nel frattempo si è rifugiata in Canada con le sue due figlie, è stata raccontata sulle pagine di “Libération” da Gaël Faye, cantante e scrittore franco-burundese-rwandese, il cui bel romanzo di debutto ho brevemente recensito diversi mesi fa (ora disponibile anche in italiano).
Un’intervista da non perdere e che consiglio a tutti: “Ketty Nivyabandi, le chemin vers la liberté“.
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