L’altra sera, tra le chat con gli amici, ha cominciato a circolare il link ad uno spettacolare progetto urbanistico e turistico per il centro della città di Sorrento: la realizzazione di una cabinovia su spazi e strutture pubbliche ad opera di una cordata di aziende private, ovvero in project financing.
La visione dei rendering ha letteralmente interdetto me e le persone con cui conversavo: «sarà uno scherzo – ci siamo detti – non possono fare sul serio». Invece nella notte è arrivato il comunicato stampa, ripreso dai giornali locali.
La memoria è andata immediatamente alla monorotaia dei Simpson e alla lettura che di quel celebre episodio ne ha dato alcuni anni fa Alberto Mingardi su “Il Post”: «Homer, la monorotaia e l’interesse pubblico». Quell’articolo spiega in cinque punti le ragioni per cui i progetti fantasmagorici siano così ricorrenti e seducenti: perché rispetto all’amministrazione ordinaria (ovvero al tristanzuolo rattoppo delle buche per strada) l’idea di una monorotaia «fa battere i cuori»; perché sotto sotto pensiamo che possa svilupparsi una “offerta” (dunque redistribuzione di ricchezza per tutti); perché gli amministratori, tendendo ad assecondare ciò che fa fremere gli elettori, danno il patrocinio a siffatte idee; perché quanto più certi progetti sono faraonici, tanto più fanno “sognare” (soprattutto chi si offre di realizzarli); perché viene ripetuto insistentemente che l’opera verrà realizzata «nell’interesse pubblico» (e spesso questo basta a condizionare notevolmente il dibattito collettivo, per cui tanti cominceranno a intonare in coro: «Monorotaia! Monorotaia!»).
«Jamme, jamme, ‘ngopp’ jamme jà»
Chi frequenta la provincia di Napoli vede quotidianamente voragini per strada, edifici abbandonati, siti archeologici insozzati, aiuole spelacchiate, fontane asciutte, piazze sporche, monumenti ignorati ed opere incompiute, per cui non può non pensare: «Figuriamoci se, con un po’ di soldi a disposizione, non sistemeranno prima quegli spazi!».
Già, ma volete mettere il fascino di una cabinovia? D’altra parte la provincia di Napoli è la terra di «Funiculì Funiculà» ed è ovvio che si pensi innanzitutto al trasporto su fune: dalla seconda metà dell’Ottocento, tra un’eruzione e l’altra, abbiamo avuto varie funicolari sul Vesuvio (l’ultima l’hanno smantellata negli anni Novanta); altre funicolari sono attualmente operanti (e meno male) tra il centro di Napoli e i quartieri collinari, e una molto famosa si trova a Capri, che ha anche una seggiovia che da Anacapri porta in cima al monte Solaro; ancora, tra Castellammare di Stabia e la vetta del monte Faito c’è una splendida funivia (sottoutilizzata) e in Costiera Amalfitana ci sono numerose teleferiche rudimentali private, adoperate dai contadini per vincere la verticalità del territorio, ma soprattutto ci sono un paio di progetti di funivie: tra Agerola ed Amalfi e tra Angri e Maiori. In Penisola Sorrentina, infine, è attesa da anni «una meravigliosa ruota panoramica con vista su uno degli scenari più belli del mondo» [attenzione, cliccando si scarica un file .doc], ovvero una funivia che colleghi Sorrento con Sant’Agata Sui Due Golfi, a 400 metri d’altezza in collina.
Ora, a questo ricchissimo elenco, bisogna aggiungere anche la cabinovia sorrentina, che secondo l’idea progettuale sarà in due tronconi: il primo dal porto alla piazza principale («per risolvere il problema del traffico», ovvero la stessa ragione ripetuta come un mantra dai primi anni 2000, quando si è cominciato a sventrare gli agrumeti per far posto a centinaia di box-auto interrati, senza migliorare un bel niente in tema di viabilità) e il secondo sospeso su un vallone, quello del mulino disabitato, uno dei topos più noti della città, dove però nessun abitante delle ultime generazioni ha mai potuto passeggiare e del quale non vengono fornite informazioni degne di questo nome.
«Cabinovia! Cabinovia!»
Del comunicato stampa dei cabinofili mi hanno colpito due termini: «valorizzazione» (ormai un evergreen) e «siamo aperti alle critiche costruttive».
Sul primo ho scritto e detto talmente tante volte che provo una certa fatica a ripeterlo ancora: quel termine è una bestemmia, un insulto, una volgarità; andrebbe bandito dai progetti e dal linguaggio corrente; chiunque lo usi rivela la propria visione del mondo, più che un’idea concreta. Lo so che le parole non possono essere vietate o cancellate, ma bisognerebbe urgentemente risignificarne alcune. Qualche giorno fa Roberto Saviano proponeva di modificare “buonismo”, io suggerisco “valorizzazione”: valorizzare cosa? valorizzare come? valorizzare perché e per chi? E poi, valorizzare qualcosa che ha già un enorme valore, ma del tutto ignorato? Al limite dovremmo parlare di riscoperta, non di valorizzazione. Pertanto, avanzo un nuovo senso da dare a questo vocabolo: valorizzare è “riconoscere e tutelare il valore”, non aggiungerne di nuovo (posto che il valore aggiunto dalla valorizzazione sia effettivamente un valore e non un profitto).
Sulla seconda espressione – «criticateci pure, ma costruttivamente» – ci sarebbero ulteriori domande preliminari: cosa intendono costoro per “critica” e cosa per “costruttivo”? Cosa si fa dinnanzi a progetti che si ritiene osceni ed iniqui? Non ci si esprime perché la critica, in quanto “distruttiva”, non sarebbe neanche ascoltata? Chi dice che una determinata idea sia buona e giusta a prescindere? Chi stabilisce che un certo progetto sia democratico e sostenibile, vantaggioso per la comunità e coerente con il paesaggio, prima ancora di instaurare un confronto con chi vive quei luoghi? L’esortazione alle “critiche costruttive” è un arroccamento, ed ogni arroccamento è un segno di debolezza; tuttavia essa impone in partenza un preciso ordine del discorso: l’opera va fatta perché bella e buona, al limite la si può solo migliorare. E chi l’ha detto? Al di là del fatto che l’impatto ambientale è solo una delle voci da tener in considerazione, personalmente sostengo da tempo la necessità di una valutazione d’impatto sociale: un’opera che incide così fortemente sullo spazio di una comunità, nonché sulla dimensione simbolica della città, è quanto meno da presentare con umiltà e cautela, nonché con disponibilità ad un confronto lungo, aperto e approfondito.
«Signor Maniaco, guardate che a me piace Napule ‘e ‘na vota»
Questa, però, è la terra anche di un altro “Funiculì Funiculà”, ovvero del fanatico che, in un film, minaccia Massimo Troisi per aver accettato di partecipare ad un festival di canzoni non tradizionali. «Napoli non deve cambiare», intima l’anonimo criminale a Troisi, il quale, impaurito, annuisce: «Avete ragione; cambiate Mantova, Rovigo, Aosta… quelle sono sempre uguali». Viene da domandarsi, dunque, se chi si oppone al cambiamento sia un cupo reazionario come lo squilibrato “Funiculì Funiculà”. Ma per rispondere è necessario intendersi su cosa sia il cambiamento. Il cambiamento è un’apertura mentale o un mero mutamento spaziale? È un arricchimento culturale o un espediente lucrativo? In realtà, in questa bellissima terra partenopea il “Funiculì Funiculà” che non vuole il cambiamento è spesso colui che riproduce le solite logiche speculative, colui che conserva privilegi acquisiti da generazioni e che, a tale scopo, non si fa scrupoli a forzare i piani urbanistici («Lo so che la città sta là e da quella parte sta andando perché il Piano Regolatore ha così stabilito. Ma è proprio per questo che noi, da là, la dobbiamo far arrivare qua», dice Nottola in un altro celebre film). Il conservatore dello status quo è colui che, come un pifferaio magico, ammalia a suon di illusioni verbali come “valorizzazione turistica” e “risoluzione degli ingorghi automobilistici”, cioè colui che persiste nella logica sviluppista e che, concentrato com’è su di sé, accetta solo “critiche costruttive” (critiche «entro un certo margine», canterebbe Rino Gaetano).
Il cambiamento sostanziale, invece, è quello di chi dice no agli scenografici progetti dei “Funiculì Funiculà”, i quali sono monotonamente uguali a loro stessi da decenni. È, in altre parole, il mutamento di paradigma con cui si chiede di smetterla con propositi sontuosi e speculativi, per dedicarsi finalmente alla cura della vita quotidiana, tra asfalto da rammendare e ludoteche da inventare, tra aria da ripulire e arte da esprimere, tra dialogo da instaurare e accoglienza da realizzare. Il cambiamento, la valorizzazione, l’approccio costruttivo non sono certo l’ode all’immobilismo, bensì un invito alla promozione della progettazione partecipata, dell’ascolto democratico, dell’amministrazione condivisa, della riscoperta del territorio, della conoscenza diffusa, della curiosità verso l’inconsueto, della conservazione delle risorse.
Probabilmente a Sorrento si avverte l’esigenza di un migliore collegamento tra il porto e il centro della città. Bene, se così fosse, certamente bisognerebbe trovare una soluzione equa e inventarsi qualcosa di sostenibile. Proprio per questo, dunque, è necessario non fermarsi alla prima proposta.
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INTEGRAZIONE:
Dopo due giorni, la proposta di cabinovia ha generato parecchie reazioni sui sociamedia. Molti hanno colto l’occasione per avanzare altri mirabolanti progetti di trasporto sorrentino. Tra i vari, segnalo i seguenti:

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AGGIORNAMENTO del 9 marzo 2017:
Un grosso ostacolo all’idea di cabinovia a Sorrento: Mariano Pontecorvo, consigliere e amministratore della società proprietaria di una parte del fondo su cui si era ipotizzato di far passare la cabinovia dice No.
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AGGIORNAMENTO del 12 marzo 2017:
Oggi un amico (che ringrazio) mi ha inviato un articolo del 24 febbraio 2017, a firma di Anna Maria Boniello, comparso sull’edizione Sud de “Il Mattino”, intitolato «Anacapri. Funicolare bis. Al via lo studio di fattibilità. L’impianto sarà interrato. Il percorso in una galleria lunga 2500 metri».
“Positano News”, 10 aprile 2017: QUI
Cabinovia Sorrento. Intervista all’architetto Antonella Pepe. Una opportunità per la città come a Berlino e Barcellona
di Redazione
Sorrento potrebbe avere una grande opportunità con una cabinovia , un mezzo per la mobilità, economico, sicuro ed ecologico, come a Barcellona e Berlino. Un gruppo di esperti ha studiato possibili soluzioni al traffico e alla fine è stato presentato al Comune di Sorrento un progetto di finanza per la realizzazione di una cabinovia che collegherebbe in continuazione la stazione dei “Bastioni” su Viale degli Aranci , Piazza Tasso, sorvolando la suggestiva “Valle dei Mulini, e il Porto. Un sistema di spostamento già sperimentato con successo in vari centri urbani d’Europa, in sistema pratico, veloce ed efficiente che contribuirebbe anche a ridurre l’impatto del traffico che assilla la Città del Tasso con grossi benefici per la collettività come abbiamo avuto modo di apprendere dal sito web . Positanonews vuole dare un volto anche a chi ha studiato questo progetto che ora è all’esame del Comune che potrebbe far partire un “project financing” che porti a cambiare volto alla città, asfissiata dal traffco, migliorandone la qualità della vita. Ma diamo un volto a chi ci ha lavorato e sentiamo dalla loro viva voce di che si tratta. Fra i tecnici che hanno partecipato al progetto sentiamo l’architetto Antonella Pepe.
Archtetto vuole spiegare ai nostri lettori e ai sorrentini come è nato il progetto?
“Circa tre anni fa sono stata chiamata a valutare e studiare una soluzione per la riduzione del traffico in centro e in particolare per il tratto di strada compreso tra piazza Tasso e il porto. Abbiamo innanzitutto stabilito i parametri che avremmo dovuto rispettare per ritenerci soddisfatti della soluzione trovata: impatto ambientale basso, tempi di realizzazione ragionevoli, valorizzazione del territorio, creazione di un’attrazione turistica in proprietà comunali. Abbiamo quindi esaminato varie possibili soluzioni, ma nessuna ha risposto pienamente ai nostri stringenti criteri di valutazione, alcune sono state scartate in quanto presentavano grandi problemi dal punto di vista tecnico, senza apportare reali benefici alla circolazione stradale. Siamo arrivati a valutare la cabinovia, che ha ampiamente superato tutte le nostre aspettative, rispondendo a tutti i criteri selezionati. Siamo quindi passati a valutare l’effettiva fattibilità di un impianto cabinoviario a Sorrento. Abbiamo incontrato ingegneri specializzati nella progettazione di linee funiviarie, i quali ci hanno dato i pareri tecnici preliminari necessari per procedere all’elaborazione del progetto. Essendo stati tali pareri favorevoli, abbiamo proceduto a contattare la Leitner, azienda leader al mondo per il trasporto a fune: l’azienda ha fin da subito creduto nella nostra idea, vista anche la capacità attrattiva di Sorrento dal punto di vista turistico, e – a differenza di quanto generalmente accade – ha voluto essere direttamente coinvolta nel progetto. Per farlo ha richiesto garanzie sull’effettiva realizzabilità dell’impianto: questo, unito al fatto che ci siamo trovati a iniziare la progettazione sulla base del precedente Codice degli Appalti, in cui era previsto lo sviluppo di un progetto preliminare anziché di un progetto di fattibilità (come invece ora è previsto dalla normativa riformata nel 2016), ha dato vita a un progetto estremamente dettagliato che, comprende analisi e valutazioni che avrebbero potuto essere condotte in fasi più avanzate. Va aggiunto che il coinvolgimento di Leitner quale capofila del progetto ci ha consentito di aderire alla modalità del project financing e di mantenere così fede alla volontà di realizzare un’opera pubblica, anche se realizzata per mezzo di capitali privati.”
Sono stati valutati progetti alternativi?
“Come dicevo, abbiamo esaminato varie possibili soluzioni. So che molti hanno richiamato l’idea della funicolare del Vittoria, senza però considerare che sarebbe un’opera privata in una proprietà privata, mentre noi ci teniamo a realizzare un’opera che sia pubblica. Tra gli altri, si era pensato a un trenino elettrico, ma andava a restringere la carreggiata stradale e non risolveva la congestione del traffico. Inoltre, non riusciva a gestire flussi particolarmente ampi di persone. Considerato che la nostra priorità è ridurre il traffico in centro, quando siamo arrivati a considerare l’idea della cabinovia, ci siamo resi conto che come mezzo di trasporto è in grado di ridurre il traffico e di assorbire i flussi pedonali, creando per di più un’attrazione turistica che ha un impatto ambientale ridotto.”
Molti pensano che sia un progetto clone del percorso meccanizzato…
“Il percorso meccanizzato intercetta i turisti che arrivano in città con i grandi autobus, mentre la cabinovia va a servire coloro che si muovono tra il porto e la piazza, persone che oggi vediamo percorrere – con grandi rischi e difficoltà – via De Maio. Sebbene entrambi arrivino a Marina Piccola, i punti di partenza e le utenze differiscono. I due progetti sono complementari, insieme consentono di abbattere il traffico che entra in piazza per dirigersi al porto, perché, nei fatti, non sarà più conveniente andarci con un mezzo proprio.”
Ci sono vincoli sull’area? Come sono stati superati?
“È stata condotta l’analisi della strumentazione urbanistica vigente, PUT e PUC, che prevedono in zona A2, in cui ricade l’area interessata, la possibilità di effettuare interventi pubblici per la realizzazione di attrezzature di interesse comune, oltre a perseguire il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità; Sono stati studiati i vincoli presenti. Posto che sull’area non insiste alcun vincolo archeologico e non c’è interferenza con la zona natura 2000, dall’analisi dell’assetto idrogeologico possiamo dire che il dato più interessante emerso è che gli interventi di mitigazione previsti dal progetto inducono una riduzione del rischio idrogeologico, portandolo da R4 a R2, mentre il rischio frane passa da P4 a P2.”
È stato valutato l’impatto ambientale e paesaggistico? Come?
“L’impatto ambientale è stato valutato con uno studio di prefattibilità ambientale, tenendo conto di più aspetti: l’impatto paesaggistico, quello geologico, idrogeologico e geomorfologico, sul clima, sulla qualità dell’aria, sulla flora e sulla fauna, sulla componente socio-economica. Già in questa fase di indagine preliminare i risultati sono stati soddisfacenti: la cabinovia consente un netto miglioramento della qualità dell’aria; non incide in alcun modo sul clima; non disturba la fauna né danneggia la vegetazione. Come abbiamo detto, dal punto di vista geologico ci sarà una riduzione del rischio. Le interferenze con la componente idraulica sono nulle. L’impatto sul paesaggio è dato dagli elementi di sostegno della linea. Su questo fronte abbiamo lavorato molto, anche con i tecnici e i designer di Leitner per ridurre al minimo la loro visibilità: il pilone è rivestito in tufo antico, riprenderà l’aspetto del fumaiolo del mulino del vallone e sarà così armonizzato alle mura del costone. Per noi questo rappresenta anche la possibilità di recuperare un elemento dell’architettura tradizionale sorrentina. Per lo stesso motivo, andremo a riaprire il ponte del vallone su via De Maio, restituendogli l’aspetto originario. La stazione di porto sarà una struttura aperta, con coperture in vetro per gli elementi meccanici della linea e sarà interamente circondata dal verde. Inoltre, non dimentichiamo che quando parliamo di impatto paesaggistico dobbiamo tener conto anche di quello che guadagniamo su questo fronte: dalla cabinovia si apre una vista nuova e ampia sul golfo; a Marina Piccola la netta riduzione delle auto in circolazione consentirà di recuperare la passeggiata sul mare. Tutto questo si traduce in un impatto positivo sulla componente socio-economica dell’area interessata dal progetto, che viene rivalutata: ci si vive meglio e diventa un luogo in cui trascorrere il tempo libero, a vantaggio delle attività ricreative e ricettive del borgo.”
La cabinovia è sicura. Su che basi possiamo affermarlo?
“Il trasporto su fune viene utilizzato in ambito urbano da quasi trent’anni: in quest’arco di tempo non si sono mai verificati incidenti. Le persone trasportate ogni anno sono milioni. Le città che si sono rivolte a questo tipo di trasporto hanno continuato nel tempo ad ampliarne le linee. Nel mondo è ormai una realtà consolidata che aiuta a decongestionare le strade dal traffico su strada. Le metropoli asiatiche e sudamericane hanno fatto da apripista: Rio de Janeiro (1972), Tokyo (1998), Medellin (2004), Hong Kong (2006), solo per citarne alcune. In Europa Barcellona ha due linee, Londra una; a Berlino hanno iniziato i lavori, Parigi sta valutando di realizzare una linea nella Ville Lumiere. In Italia, a Bolzano è in servizio una linea dal 2009, e anche Genova e Roma stanno pensando di dotarsi di questo tipo di trasporto.”
Quali sono i tempi di realizzazione?
“Il nostro cronoprogramma prevede dodici mesi di lavoro dall’apertura del cantiere per la messa in servizio della linea. Sono tempi eccezionalmente brevi se comparati a quelli che solitamente servono per realizzare un’opera di trasporto pubblico. Questo perché la cabinovia di per sé richiede poche infrastrutture e per di più “leggere”. La quasi totalità dei lavori per la stazione di piazza Tasso avverranno all’interno dei locali e gestiti attraverso la facciata su via de Maio.”
Qual è la portata della linea?
“Abbiamo presentato il progetto che prevede una portata di 1200 persone/ora; può essere ridotta o aumentata sulla base delle richieste dell’amministrazione.”
Quali sono gli elementi che rendono quest’opera di pubblica utilità?
“La necessità di trovare una soluzione al traffico in centro. È una priorità in qualsiasi città, ma in una destinazione turistica come Sorrento, che ha spazi limitati e attrazioni concentrate in un’area tutto sommato piccola, diventa vitale: è un problema per la salute dei cittadini, per la sicurezza dei pedoni e, anche, per l’immagine turistica della città. A questo possiamo aggiungere che la cabinovia, per le sue caratteristiche, costituisce un ampliamento dell’offerta turistica locale.”
Insomma, questa potrebbe essere davvero una opportunità per la città. Come avviene in altri centri, anche turistici, come comoda e pratica soluzione per evitare il traffico, tipo Barcellona e Berlino, che sarebbe, fra l’altro, molto apprezzata anche dai turisti , oltre che dai residenti, permettendo uno sguardo dall’alto di una delle città più belle della Campania e del mondo, sopratutto lontano dal groviglio di auto al quale siamo purtroppo abituati oggi.
Per avere tutte le informazioni complete e dettagliate esiste anche un sito web (www.cabinoviasorrento.com) dove viene esposto in maniera trasparente e chiara quello di cui si parla.