Le migrazioni svolgono una straordinaria “funzione specchio”, cioè, dice Sayad, sono l’occasione «per smascherare ciò che è mascherato, per rivelare ciò che si ha interesse a ignorare e lasciare in uno stato di “innocenza” o ignoranza sociale». In altre parole, spiega Dal Lago, «i migranti sarebbero coloro che, per il solo fatto di esistere tra noi, ci costringono a rivelare chi siamo: nei discorsi che facciamo, nel sapere che produciamo, nell’identità politica che rivendichiamo».
Per quanto riguarda la Penisola Sorrentina, nell’ultimo mese ho letto molte parole rivelatrici: si è fatto ampio uso, ad esempio, di informazioni parziali, così come di caos terminologico, ovvero di retoriche volte solo ad orientare elettoralmente. Più di tutto, però, è stato esplicitato il senso che molti, localmente, attribuiscono ai concetti di accoglienza e di solidarietà: chi scrive il termine clandestino in una discussione sui social, ad esempio, lascia passare molte più informazioni (su di sé) di quanto ritenga; così come quando in piazza qualcuno fa confusione tra immigrati e richiedenti asilo o in un’assemblea insiste sul business degli aiuti. Nelle ultime settimane, cioè, le contraddizioni di una terra accogliente con i turisti, ma chiusa con i bisognosi sono emerse in maniera fragorosa, talvolta raggiungendo addirittura i media nazionali. Personalmente, ho contribuito al dibattito con qualche post: il 17 gennaio e il 25 gennaio, ma ci sarebbe anche una storia familiare, dedicata a quanti dicono “accoglili a casa tua”.
Più di recente la veemenza è un po’ scemata, ma la questione non si è affatto risolta, anzi sembra solo rimandata: come una carboneria reazionaria, un gruppo-Fb segreto – segreto come tutte le pulcinellate napoletane, ovviamente – pare si stia preparando per manifestazioni più plateali, nel caso a Sorrento davvero arrivino alcune decine di richiedenti asilo. Nel frattempo, Capri e Anacapri sono gli unici comuni del comprensorio che hanno compiuto dei passi per essere adeguatamente preparati nel caso in cui la Prefettura assegni all’isola la cura di alcuni profughi.
In penisola, invece, solo la chiesa diocesana ha dato disponibilità all’accoglienza (che già fa, ospitando 20 siriani), ma il momento più esplicito – anche da un punto di vista simbolico – c’è stato ieri mattina alle 5, durante l’omelia della prima messa in onore al patrono sorrentino, quando il parroco della cattedrale, don Carmine Giudici, ha detto ai devoti di sant’Antonino abate: «Chi odia e non accoglie i poveri non è cristiano. […] Potete fare e dire quello che volete, ma dopo non venite in Chiesa. Non è possibile questa doppiezza».
Don Carmine ha pienamente ragione, eppure quell’antinomia è il cuore del biopotere che, alimentandosi proprio di irrazionalità e incongruenza, da tempo produce discriminazione e inuguaglianza.
PS: ho pubblicato questo post anche su Fb, qui.
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AGGIORNAMENTO del 29 marzo 2017:
Salvatore Dare ha riportato su “Metropolis” la seguente notizia: “La Cattedrale di Sorrento accoglie migranti: via libera dalla Curia, partono lavori per adeguare i locali“. L’articolo completo è in versine cartacea, mentre questa è l’anteprima online:
«Dobbiamo aprire le porte ai migranti» sbottò a gennaio il vescovo Francesco Alfano quando il Comune di Sorrento reagì a muso duro al diktat per l’accoglienza della Prefettura di Napoli. Ora a quel monito seguono i fatti. Perché la Chiesa si muove sul serio ed è pronta a ospitare i rifugiati già nelle prossime settimane. Lo conferma anche il consiglio pastorale diocesano di Sorrento che di recente ha deciso di mettere a disposizione alcuni locali e spazi situati all’interno del complesso della Cattedrale. Tant’è che nei prossimi giorni partiranno anche dei lavori di adeguamento così da rendere parte dell’immobile in linea con gli standard richiesti dalla Prefettura.