Il 13 gennaio 2017 ho raccontato un momento importante della storia della mia famiglia. Voleva essere un contributo delicato al dibattito sorrentino che stava sviluppandosi in quei giorni circa l’eventualità di accogliere dei richiedenti asilo nel territorio comunale (ne ho scritto qui e qui). Fino ad allora quel racconto era rimasto privato: lo conoscevano in pochi, oltre ai parenti più stretti; così, forse per un estremo quanto ingenuo spirito di pudore, ho pensato di non renderlo completamente pubblico sul mio Fb. Tuttavia, nonostante la mia cautela, che si basa su una nétiquette di cui – purtroppo – non tutti sono a conoscenza, il mio testo e la fotografia annessa sono stati copiati e incollati su un webjournal locale, senza che mi fosse chiesto. So che è stato fatto per stima nei miei confronti e per la rilevanza della storia, e lo apprezzo, ma avrei preferito che mi venisse comunicato, invece l’ho scoperto ieri sera – dopo tre settimane – perché qualcuno mi ha inviato il link. A questo punto, dunque, riproduco anch’io il testo, dal momento che questo blog è la sua vera casa.
Il pittore ritratto in questa foto si chiamava Camill, era tedesco, morì nel 1991 a Sorrento, dove visse quasi 50 anni. Era un ornitologo e apparteneva ad una famiglia di artisti, ma la seconda guerra mondiale travolse lui e tutta la sua generazione. All’epoca viveva a Weimar con sua moglie, sorrentina, e i loro tre figli, il più piccolo dei quali nacque nel 1943. Per la sua conoscenza dell’italiano, nell’esercito tedesco ebbe mansioni d’ufficio come traduttore a Napoli, mentre la sua famiglia continuava a vivere in Germania. Dopo l’8 settembre 1943 e le Quattro Giornate, però, fu fatto prigioniero dagli Alleati in un campo a Maddaloni, in provincia di Caserta. Anni dopo, nel 1946, nella Germania occupata da americani e inglesi, sua moglie riuscì ad entrare coi tre bambini in un campo profughi di Berlino, prima del passaggio all’occupazione sovietica. In questo modo fu in grado di salire su un treno e raggiungere in un paio di settimane i suoi genitori a Sorrento. Messasi in contatto col marito, costui profittò di un’uscita dal campo per fuggire: sapeva dipingere, appunto, e di tanto in tanto gli era concesso di uscire per ritrarre paesaggi. Camill raggiunse sua moglie e i suoi figli a Sorrento, ma era un ricercato, un clandestino, un profugo, un disertore, un nemico; era il peggio del peggio, eppure fu nascosto e protetto in un fienile da alcuni contadini delle colline sorrentine, che per mesi gli portarono da mangiare.
Nella foto quel bambino alle sue spalle è un suo nipote, in uno degli scorci più belli della Penisola Sorrentina, ai piedi del monte San Costanzo. Sento spesso quel bambino e ogni volta mi dice di pensare a quei contadini sorrentini, così coraggiosi e generosi da accogliere senza esitazioni un essere umano, prima che uno straniero.
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Il post ha avuto oltre 140 like e decine di commenti. Ne riproduco alcuni:
MaCos: Ecco! Abbiamo avuto compaesani così ed oggi cosa è rimasto?
AnLa: Il “mio” professore di Tedesco Conversazione… il suo cappello … chiaro d’estate, scuro in inverno. Lo condivido nel gruppo [Fb] della scuola. Grazie!
MaCol: Ha la stessa faccia di oggi quel bambino.
CidE: Una storia commovente da rabbrividire !!!!! Anche se penso di aver già ascoltato questa storia raccontatami (giù alla Solara) da tua zia Ar. !!! Ma molti anni fa !!!!!!!
MACi: Sei meraviglioso, tu e la tua famiglia e sicuramente lo sono ancora tanti sorrentini.
Giogg: Grazie MA. La Sorrento che conosco e frequento è una Sorrento stupenda, quella di cui parlo e scrivo con piacere e spirito di appartenenza. E’ una “Sorretno”, come ho detto una volta, piena di legami col mondo e nella storia, una città accogliente nel senso pieno del termine. Ora è un po’ in crisi, per questo credo sia necessario recuperare un po’ di buoni esempi del passato.
CaPe: Giogg, continuiamo a sperare che il futuro sarà migliore!
ClEs: Ho avuto il grande piacere di conoscere Camill – tuo nonno vero? – Lo incontravo quando dipingeva dalle parti di Puolo… Mi incantavo vederlo dipingere ad olio ma sopratutto ad acquerello… Col mio amico ViDL (ora insegna arte e dipinge) lo raggiungevamo e gli facevamo mille domande… Sicuramente anche grazie a Lui ho la passione per l’arte… Del puerile razzismo sorrentino di oggi non voglio parlare in questo post, inquinerei il pensiero, mentre ricordo una persona bella che ha arricchito la mia vita.
Giogg: Grazie ClEs. Sento sempre più urgente e giusto il dovere di raccontare la storia di Camill. Ho cominciato un paio di anni fa, ora penso che mi debba organizzare per farlo con un libro.
AnDA: Splendio plot per un romanzo di respiro internazionale. Mettiti all’opera.
CCGC: Anche io ho conosciuto tuo nonno personaggio di gran classe estile!
ClPa: E’ stato anche il mio prof. Ricordo questa storia come me la raccontò tua nonna.
SiPa: Ti racconterò di mio nonno e di come scappò da Fossoli. Da tempo, ora che sono a metà quasi della vita, sono alla ricerca e tento di riappropriarmi di tutto quel che è stato, di tutto quel che era.
FaRo: Una storia familiare che dovrebbe essere patrimonio della nostra memoria collettiva. Magari un giorno me la racconterai.
CaFo: Io sono convinta (e lo spero) che tanti sorrentini che oggi fanno gli xenofobi della tastiera davanti a un altro essere umano bisognoso di aiuto, occhi negli occhi, gli tenderebbero la mano.
AnVi: Giogg, vuoi intendere che ora siamo un popolo di razzisti?
Giogg: Non esistono popoli razzisti, esistono ideologi e ideologie del razzismo.
AnVi: Già. Oppure anche usi speculativi, per interessi meramente economici, dell’immigrazione, facendola passare per finta accoglienza, senza accogliere persone che ne hanno bisogno. Il razzismo ha tante modalità velenose nel ramificarsi…
MeMa: Questa storia mi farebbe piacere conoscerla, professore.
MaDL: Giogg, la mia famiglia, molto numerosa, pati ogni genere di sofferenze durante la guerra e in special modo dopo l’armistizio. Basti pensare che si trovavano nei pressi di Cassino. Morti per stenti e per malattie, fame placata con le bucce di fave, un patrimonio di gioielli scambiato con qualche sacco di farina. Ben due dei miei zii sentirono l’esigenza di raccontarla questa storia, in volumi anche pubblicati. Se non è ancora stato fatto, tocca a te il compito di conservare la memoria della storia della tua famiglia e dell’accoglienza che i sorrentini riservarono a tuo nonno.
Giogg: Grazie di cuore, MaDL. Le storie di sofferenza sono innumerevoli, tutte drammaticamente simili, eppure tutte uniche, da conoscere e tramandare. Così come tante sono anche le storie di solidarietà, spesso grazie al coraggio delle donne, come ha documentato in vari libri Gabriella Gribaudi. Proverò certamente a fornire il mio tassello.
RaAt: Io ho il privilegio di avere uno dei suoi acquarelli. lo tengo in camera da letto,uno dei luoghi piü intimi di casa, perché trasuda amore.
AMPa: Dopo tanti anni che ti conosco è la prima volta che sento questa storia.
APRu: Caro Giogg, mi farebbe piacere essere la Sorrento che frequenti….fatti vivo quando vieni…io adesso qua sto!
Giogg: Sai cosa c’è in questo momento, APRu? Una quindicina di bambini bolzanini di quinta elementare in un treno della Circumvesuviana che si allontana da Sorrento e tu ed io che li salutiamo, fermi sul binario. Ci vediamo presto, te lo garantisco.
YaAg: J’aime ton histoire, elle est très belle ! seule chose qui me fait mal, c’est que tu as écris “occupation par les russes ou américains”, en sachant la douleur de mon pays pendant cette guerre. Les allemands sont venue en Russie pour nous tue, 25 millions soviétique sont morts, pour moi, je n’arrive pas avaler ce mot “occupation”, c’est trop injuste, désolé.
Giogg: L’episode que j’ai écrit est un petit morceau de la plus grande tragédie d’Europe et je sais combien il est délicat d’en parler. Je sais très bien la douleur que les nazis et les fascistes ont fait à des dizaine de millions d’éuropéens, en particulier les russes. Mais je n’ai pas donné des jugements historiques, je voulais raconter une histoire d’êtres humains, au-delà des fronts et des idéologies. Cependant, je n’ai pas de difficulté à dire clairement que, à cette époque, l’Allemagne nazie et l’Italie fasciste étaient “le” mal et qu’il fallait les arréter. Les américains d’un côté et les russes de l’autre ont libéré l’Allemagne et l’Italie de leurs dictateurs, mais ça c’est passé nécessairement par une occupation militaire (du 1945 au 1949). Dans cette contexte il y a des millions d’histoires comme celle de mes grand-parents (ma grand-mère, la femme Camill, a échappé à deux viols collectif, une fois par le soldats anglo-américains, l’autre par les militaires russes; après cela elle a décidé de fuir avec ses trois enfants chez ses parents à Sorrente). Je sais que l’horreur a été provoqué par les fascistes et les nazis, Yasia, sans aucun doute: ça c’est l’histoire. Mais, au niveau des citoyens, les victimes de l’horreur ont été partout.
YaAg: Si, les allemands ne sont pas allé en Russie, les russes ne jamais venu en Allemagne, c’est pour ça que mot “occupation” pour moi trop injuste ! Oui, je connais bien la tragédie de ta famille, j’ai beaucoup de hommage à tes grands parents ! mais, le mot “occupation n’a pas égal au mot libération”! Dans ce contexte. Je comprends que avec ton histoire tu veux montrer un exemple d’un très bon humanisme.
Giogg: YaAg, c’est hautement probable qu’il y a une différence de narration historique entre nous. Je fait un exemple: la bataille de Waterloo, en Belgique, entre l’empire français et une coalition entre anglais, prusses et d’autres, en 1815, est connue en France comme “la défaite de Waterloo” et, au Royaume-Uni, comme “la victoire contre Napoléon”. Je comprends ton point de vue et je le réspect, je sais qu’il est le point de vue d’une personne qui connais très bien l’histoire russe et la violence subie par son peuple.
YaAg: Merci ! Je voulais juste dire que mes deux grands pères sont morts, le grand père de Kami aussi, chaque famille soviétique à perdu au moins un de ces proches, pour libérer notre pays !
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Per concludere, segnalo che di Camill ho già scritto una volta: nel 2014, in occasione di una conferenza che ho tenuto a Sorrento sulla sua pittura. Negli anni precedenti avevo indirettamente parlato di lui scrivendo di suo padre, Hugo, ovvero il mio bisnonno: nel 2005, a proposito di una fiaba che scrisse a sua nipote Arila (figlia di Camill, mia zia), e nel 2006, circa il suo viaggio (insieme a Camill e ai suoi studenti dell’Accademia di Belle Arti di Weimar) a Lagopesole, nel Vulture lucano.
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