Un anno senza Nello

4 novembre 2016:

Conobbi Nello venti anni fa all’università, seguivamo il corso di “Storia delle Tradizioni Popolari”. Legammo subito, anche grazie ad una ricerca sugli ex-voto marinari dedicati a sant’Antonino Abate; riuscimmo a ricostruire la storia di uno di quei quadri, del 1936, perché trovammo uno dei sopravvissuti del naufragio, un pescatore allora novantenne. Poi abbiamo fatto molte altre cose insieme, ma quell’imprinting non se n’è mai andato, infatti è stata anche l’ultima cosa che abbiamo condiviso.
Lo conobbi che aveva i capelli lunghi, come un vero rocker, caratteristica che lo avvantaggiò ai concerti di David Bowie, dei Deep Purple, dei Litfiba, dei Bluvertigo e dei CSI. A noi, però, facevano davvero impazzire i gruppi napoletani, per cui ai concerti davamo il massimo quando 99 Posse, Almamegretta e 24 Grana suonavano “Curre curre guagliò”, “Nun te scurdà” e “Vesuvio”. Andammo anche al teatro, indimenticabile quella volta per “La Gatta Cenerentola”, ma ci piacevano pure le rappresentazioni natalizie nelle parrocchie, per cui giravamo spesso tra un “Natale in casa Cupiello” ed una “Filumena Marturano”. Un anno seguimmo tutti gli spettacoli in Penisola Sorrentina di una compagnia di artisti di strada e, grazie alla “Nave dei folli” di Bosch, ci innamorammo dei carnevali tradizionali. Un’altra volta facemmo un reportage di un presepe vivente, ma fotografammo solo i mestieri antichi, perché quella rappresentazione ci sembrava innanzitutto l’espressione di un bisogno: quello di preservare la memoria locale, così in balìa di lustrini e paillettes turistiche. Per le nostre rispettive tesi di laurea, infatti, ci occupammo di musei: lui si dedicò ad una collezione privata sulla cultura marinara (oggi ben ordinata e visitabile su appuntamento), io ad un territorio che andrebbe tutelato come ecomuseo (e non mollo l’idea, nonostante non sia mai una priorità per gli amministratori).
Ricordo che partecipammo ad una Festa dell’Unità, che io sappia una delle poche dalle nostre parti, dove una band del posto suonava molto bene le cover dei Nirvana. Si, certo, e poi lì c’erano quelle due ragazze che ci piacevano, ma che non ci calcolavano…
Lui era un judoka, ma talvolta giocammo a calcio, con sua somma disperazione per il mio apporto alla squadra. Più spesso, però, andammo in giro per le nostre colline o per le feste patronali, dove lui apprese l’arte della tammorra.
Nello se n’è andato il 4 novembre di un anno fa, dopo averci mostrato ancora una volta cosa significhi lottare, resistere, amare. Per l’ultimo saluto in chiesa, il sacerdote acconsentì a far suonare “Nothing else matters“, una delle preferite di Nello, perché «open mind for a different view».
Non importa quanto siamo lontani, niente può esserlo più di tanto dal cuore, per cui, che l’abbiate conosciuto o meno, oggi ascoltate questa canzone, il mio amico ne sarà contento. E sicuramente anche voi.
Grazie.
Ciao Nello.

– – –

5 novembre 2015:

Nello, ieri, tutti noi i tuoi amici, ci siamo cercati, ci siamo scambiati messaggi scarni, sms increduli, telefonate singhiozzate. Ci siamo stretti pian piano, come ad abbracciarci gli uni con gli altri, ma soprattutto come ad abbracciare te, tutti insieme. Da ogni parte, l’emozione ci ha portati accanto a te.
Abbiamo degli amici stupendi, Nello. Mi hanno chiamato o contattato per farmi sapere, preoccupati che la distanza potesse tenermi all’oscuro. Lì per lì l’incredulità, poi non ti dico la rabbia, anzi no, ‘a rraggia, come ha scritto uno di loro. Le conversazioni che abbiamo tenuto sono state brevi e perlopiù condotte a monosillabi, ma ci sono state anche alcune parole ricorrenti, come “forza”, “dignità”, “ragazzo”. Ti ho rivisto nella Cripta della Basilica a fotografare ex-voto marinari. O a casa di un vecchio pescatore ad ascoltare i suoi ricordi di quando fu salvato da Sant’Antonino. O alla processione di una Madonna a cogliere sforzi e speranze dei devoti. O al tavolo, noi due ancora insieme, a scrivere di arte e di miracoli.
Nello, ieri ho smesso di fare quel che stavo facendo e ho cercato il tuo sguardo, sono andato a rivedere alcune tue foto: di te, ma soprattutto quelle scattate da te. Lo sguardo rivela, e il tuo ci dice tante cose di quanto tu sia sensibile, accorto e delicato. Hai lottato, hai resistito, hai strappato minuti su minuti al destino. E hai vinto, sì, ci sei riuscito. Ci hai mostrato che non bisogna mollare, né disperare.
Ci proverò a non scoraggiarmi, te lo garantisco, ma non sono sicuro di riuscirci. In ogni caso, grazie amico mio, grazie Nello. Ciao.

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Informazioni su giogg

Studio il rapporto tra gli esseri umani e i loro luoghi, soprattutto quando si tratta di luoghi "a rischio"
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