Riti di fertility

22 settembre 2016

Si poteva programmare un ballo dei Gigli di Nola fuori stagione o lanciare aringhe dal balcone come a Dunkerque alla fine del carnevale. Si poteva invocare sant’Anna che «trent’anni steste che figli non aveste, eppure di Maria foste mamma» o importare la festa giapponese del Kanamara Matsuri. Si poteva recuperare l’antica tradizione pompeiana dei “falli volanti” o girare un video in cui Barry White fa da sottofondo ad una cena romantica di Cerere e Marte. Si poteva organizzare un campionato di gioco della sedia presso quella “della fecondità” ai Quartieri Spagnoli di Napoli o un trekking sulle Ande boliviane per offrire foglie di coca alla Pachamama. Si poteva preparare un grande corteo nuziale nazionale e lanciare riso, confetti e coriandoli sui partecipanti o seguire l’esempio degli aborigeni d’Australia che, sedendosi per terra, «con un rito di fertilità vi lasciano il loro sperma».
Invece no, al ministero hanno pensato di inventare un giorno che esiste da millenni, ovunque e per qualsiasi gruppo umano. Vabbè, ma ora, dopo tutti gli strabilianti cartelli promozionali che sono riusciti a produrre [una prima volta e una seconda], sono proprio curioso di vedere cosa sarà ‘sto #fertilityday.

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Studio il rapporto tra gli esseri umani e i loro luoghi, soprattutto quando si tratta di luoghi "a rischio"
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