Quelli che non sono più Charlie Hebdo (non lo sono mai stati)

3 settembre 2016

Lo so, ieri la vignetta di Félix per “Charlie Hebdo” era disturbante e di cattivo gusto, forse offensiva, sebbene – a mio avviso – intendesse prendersela non con i morti, ma soprattutto con le tante case italiane di “pastafrolla” (e speriamo che non si debba mai misurare quanto lo siano anche quelle di Nizza, che è la zona più sismica di Francia, in cui la qualità edile è davvero molto scarsa). Non sono entrato, e non voglio entrare, nel merito della vignetta, né in quello del dibattito su cosa sia e su cosa possa la satira (ce l’eravamo detto ampiamente dopo il 7 gennaio 2015, quindi o molti non capirono o non erano attenti), ma certe affermazioni mi lasciano attonito. Oggi Filippo Facci – su un giornale che disapprovo in tutto, da sempre – scrive che, dopo quel disegno, “Viene voglia anche a noi di sparargli“. Sulla sua pagina fb privata un assessore della mia città di origine afferma che i terroristi non li si può biasimare. In giro per i socialmedia, inoltre, decine di commenti affermano “Siete sempre del parere che i terroristi hanno sbagliato?” e “Ma perché non li uccisero tutti a Charlie Hebdo?“. Ecco, io lo so che l’arguto editorialista è alla perenne ricerca di un pubblico e che lo scaltro politico ha notevoli ambizioni elettorali; so anche che quei commenti sono possibili grazie ad una tacita liberalizzazione della volgarità costruita in questi ultimi anni. Però, rivolgendomi a costoro, se i terroristi (o il terremoto) vi avessero colpito davvero, in cuore avreste solo tristezza, non odio. E, soprattutto, non augurereste a nessuno di subire lo stesso dolore. Affermare che i terroristi, in fondo, avevano una qualche ragione vi pare accettabile? Venite qui sulla Promenade des Anglais, vi accompagno io, e ditemi in faccia se tutto questo è da biasimare o meno. L’Italia e la Francia potrebbero avere un’agenda politica coincidente in almeno un punto, quello della ricostruzione sociale del pudore e del rispetto.

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Studio il rapporto tra gli esseri umani e i loro luoghi, soprattutto quando si tratta di luoghi "a rischio"
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