Del cyberbullismo, delle molestie online, dell’umiliazione pubblica. Della vergogna, della crudeltà, della mancanza di compassione ed empatia.
Ho citato una frase di Monica Lewinsky (tratta da un video per TED che avevo già condiviso tempo addietro) dopo aver saputo del suicidio di una ragazza del napoletano, vittima di violenza internettiana in seguito alla pubblicazione di un video privato.
14 settembre 2016
«Non passa giorno che non mi si ricordi il mio errore e rimpianga profondamente quell’errore. […] Quando la storia è scoppiata nel gennaio del 1998, è esplosa online. […] Questa fretta di giudicare, abilitata dalla tecnologia, ha portato a masse di lanciatori di pietre virtuali. Lo ammetto, era prima dei social media, ma la gente poteva comunque commentare online, mandare per email storie, e, ovviamente, anche battute crudeli. […] Sono stata etichettata come una barbona, sgualdrina, puttana, troia, bambola e, ovviamente, quella donna. Sono stata vista da molti ma conosciuta da pochi. […] Nel 1998, ho perso la reputazione e la dignità. Ho perso quasi tutto e ho quasi perso la vita».
21 giugno 2015
«È emerso un mercato in cui la merce è la pubblica umiliazione e la vergogna è un’industria. Come si fanno soldi? Con i clic. Più vergogna, più clic. Più clic, più guadagni pubblicitari. Siamo in un circolo pericoloso. Più clicchiamo su questo tipo di gossip, più diventiamo insensibili nei confronti delle persone, e più diventiamo insensibili, più facciamo clic. Nel frattempo, qualcuno fa soldi sulle spalle della sofferenza altrui. Con ogni clic, facciamo una scelta».