Quanto ancora?

In un camion in Austria sono stati trovati 71 cadaveri di persone che tentavano di arrivare in Germania; ho visto una foto di quei corpi esanimi, incastrati come in un puzzle 3D.
Sulla battigia della costa libica, davanti alla città di Zuwara, sono stati ritrovati i corpi di decine di esseri umani, compresi tanti bambini, annegati mentre tentavano la traversata del Mediterraneo; mi è passata una fotografia davanti agli occhi e, come prima, non avrei voluto.
Allora, sull’onda emotiva (ma fino ad un certo punto), ho scritto un post sulla mia pagina fb:

Quanti anni di guerra devono ancora patire?
Quanti mesi di cammino devono ancora percorrere?
Quante settimane di violenza devono ancora subire?
Quanti giorni di piaghe devono ancora sanguinare?
Quante ore di deriva devono ancora annaspare?
Quanti minuti di asfissia devono ancora ingoiare?
Quanto ancora prima che spalanchiate le vostre maledette frontiere e apriate corridoi umanitari?

Tra i commenti, mi è stato chiesto come, praticamente, si possa realizzare una politica di questo tipo, di grande apertura e ampia accoglienza. Onestamente, credo che ci troviamo dinnanzi ad un fenomeno enorme, la cui soluzione è difficile e complessa, e che deve necessariamente essere anche coraggiosa ed epocale, meglio se comunitaria. Come dinnanzi ad ogni dilemma, tuttavia, la risposta adeguata può venire solo dal porre in maniera corretta le questioni e, a mio avviso, sul tema delle migrazioni questo avviene di rado. Ad esempio, presentare a monte le eventuali difficoltà derivanti da una apertura frontaliera ed evidenziare quelle (sibilline) della realizzazione e gestione dei corridoi umanitari significa sovvertire l’ordine delle priorità, oltre che – magari involontariamente – favorire l’ennesimo rinvio, probabilmente fatale per altre decine, centinaia di persone in fuga. In altre parole, porre la questione in termini di capacità organizzativa è fuorviante, oltre che autoassolutorio; il sottinteso di questa impostazione del discorso, infatti, è il solito, cinico “non possiamo accoglierli tutti“, a cui si aggiunge una quota di ipocrisia con “anche se capisco le ragioni umanitarie“. Ai miei occhi, non è una questione di possibilità concreta e logistica, bensì di volontà etica e politica. Ed è di questo che bisognerebbe discutere: dopo l’ecatombe di 900 persone annegate nell’aprile scorso, tutti i leader europei erano commossi e con la faccia contrita, eppure non hanno mosso un dito.
Quel che sta avvenendo nel Mediterraneo – e ora anche nei Balcani – non è una migrazione, è una fuga di massa dall’orrore (alcuni giorni fa Barry Malone su “Al-Jazeera” sottolineava che «There is no “migrant” crisis in the Mediterranean. There is a very large number of refugees fleeing unimaginable misery and danger and a smaller number of people trying to escape the sort of poverty that drives some to desperation»; sull’uso più corretto tra i termini “migranti” e “rifugiati” si è espresso anche l’UNHCR). Fino ad ora la chiusura dell’Europa ha solo generato ulteriore brutalità, come l’ottusità della Francia dinnanzi ad alcune decine di resistenti sugli scogli di Ventimiglia, e tra i politici che ancora la evocano come una possibile soluzione (questi tizi hanno un vocabolario specifico: flussi, quote, ripartizione…) non ce n’è uno che abbia ancora messo piede nel XXI secolo.
Negli ultimi giorni c’è stato un unico Paese europeo che ha cambiato atteggiamento: la Germania ha aperto a tutti i siriani richiedenti asilo (e non mi interessano minimamente le motivazioni dei dietrologi che pure ho letto: ha fatto qualcosa che nessuno dei nostri civilissimi Paesi ha avuto il valore di fare).
Ogni epoca ha le sue sfide storiche. Si può esserne all’altezza, con coraggio e visioni sociopolitiche consone, oppure no, e continuare per decine di anni con ottusità (ci sono innumerevoli esempi nella Storia per entrambe le eventualità). L’Europa, dopo due guerre mondiali e decennali regimi nazi-fascisti, è riuscita ad unirsi, per tappe, in un processo che all’inizio sembrava inverosimile, se non assurdo (per secoli gli europei si sono massacrati e oggi viaggiano senza problemi tra una frontiera e l’altra). Questa esperienza ci deve far immaginare (e realizzare) una soluzione all’orrore al di là del Mediterraneo, che poi continua e si aggrava nel tentativo di tanti fuggiaschi di raggiungere la costa settentrionale del nostro mare. Sembra impossibile, me ne rendo conto, ma non c’è un solo politico di livello storico che nella sua vita pubblica non abbia osato. Ecco, c’è bisogno di persone che osino, che osi la nostra mente, per far sì che osino le nostre mani. Personalmente, esigo un’UE e un ONU (in cui io vedo persone con nomi e cognomi, non sigle o istituzioni anonime) all’altezza di quest’epoca, sulle cui problematiche e possibili soluzioni ci sono analisi pubblicate da numerosi studiosi, da anni.

Segnalo, infine, due testi pubblicati su fb. Il primo è di Saverio Tommasi sulla responsabilità dei razzisti, il secondo è di Carlo Gubitosa sull’opportunità di diffondere le drammatiche immagini di cui parlavo all’inizio del post.

AUSCHWITZ E’ COLPA VOSTRA, RAZZISTI DI MERDA
(di Saverio Tommasi)
Ingrandite la foto e squartatevi gli occhi, bestie da social, perché questo è il risultato delle vostre politiche di repressione, il risultato delle vostre grida contro i più deboli venerando il più forte.
Auschwitz è colpa vostra, razzisti di merda, ed è ora che ve lo diciamo chiaro e tondo, i responsabili siete voi.
Non finirà come in Germania, che dopo il nazismo tutti dissero “non sapevamo”. Noi, oggi, sappiamo.
Noi, oggi, conosciamo i nomi, e i nomi sono i vostri. Voi che dietro “l’Italia agli italiani” “prima gli italiani” e “pensiamo prima ai nostri poveri”, nascondete il fango che siete. Voi, cari razzisti di merda, siete gli escrementi disinteressati alle sorti di chiunque, italiani compresi e per primi, basta vedere come avete governato quando siete stati al potere.
Non ci fate paura, razzisti, solo tanto schifo. Siete il vomito di ciò che resta dopo il comizio, e perderete. Sarà sempre tardi ma perderete. Lo dobbiamo agli uomini colorati (e non) che voi state uccidendo.

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PERCHE’ NON CONDIVIDO SU INTERNET LE FOTO DEI BAMBINI ANNEGATI (di Carlo Gubitosa)
– Credo che sia una forma di rispetto delle vittime.
– Non credo sia opportuno strumentalizzare quelle immagini anche se le userei come strumento contro il razzismo, la xenofobia e la chiusura mentale che spinge alla chiusura delle frontiere.
– Credo che la vita degli adulti valga quanto quella dei bambini.
– Come esseri umani abbiamo l’istinto animale che ci spinge a proteggere i cuccioli, e di conseguenza questo istinto ci rende più sensibili alla morte dei bambini che a quella degli adulti, ma abbiamo anche strumenti più evoluti come la ragione e la cultura, e non credo che il modo migliore per far prevalere l’umanità sia quello di fare appello ai nostri istinti animali.
– Sono immagini disturbanti per chi è già sensibile e al tempo stesso sono inutili per a far riflettere chi è insensibile alle stragi del mediterraneo, e di immagini simili ne ha già viste a bizzeffe senza cambiare di una virgola il suo orientamento a favore dei respingimenti e della criminalizzazione della naturale tendenza umana a cambiare luogo di vita per migliorare le proprie condizioni.
Poi ognuno potrà trovare ragioni altrettanto valide per farle circolare, non pretendo di avere verità assolute in tasca. Ma la notizia per me è che nel Mediterraneo sono morte più di trentamila persone per cercare una vita migliore. Di loro possiamo dire tante cose, ma l’unica cosa certa è che cercavano una vita migliore.

– – –

Su Slate.fr, Laurent Sagalovitsch ha scritto che la condizione odierna dei migranti è come quella degli Ebrei di ieri: lo stesso muro di indifferenza da parte dell’Europa dinnanzi alle loro richieste di protezione, nonché «les mêmes réflexes de peur irrationnelle. […] L’immobilisme comme seule réponse».
(Da conservare anche la discussione tra i commenti su fb).

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Il mio amico Giuseppe Forino si trova a Gevgelija: «Su questa piccola cittadina della Macedonia sudorientale, a confine con la Grecia, in queste settimane si tocca con mano la Storia, quella Storia sempre piu’ grande di noi, quella di corpi e anime che migrano dallo strazio della distruzione di terre, insediamenti e case, dalla scomparsa dei cari e dei propri averi. I migranti giungono e premono per entrare in Macedonia dopo ore e giorni di viaggio dalle coste turche, per poi proseguire verso la Serbia e poi verso l’Ungheria, l’Austria e poi chissa’. […] No all’Europa dei muri e del filo spinato. Si all’Europa della condivisione e della liberta’ di movimento per tutti».

Clicca sull’immagine per accedere alla galleria fotografica di Giuseppe Forino.

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INTEGRAZIONE del 2 settembre 2015:
Il politologo François Gemenne e l’antropologo Michel Agier spiegano che «di fronte a questo fallimento dell’Europa, […] sarebbe più razionale, più giusto, più sicuro, aprire le frontiere». Propongono 10 ragioni che, «contrariamente ad un’idea molto diffusa nei mass-media e nei discorsi politici, […] non ha nulla d’una fantasia naif e irreale»:

1 – Chiudere i confini è inutile
2 – Arrestare il business dei trafficanti
3 – L’illusione dell’invasione
4 – Facilitare la mobilità
5 – Cancellare le zone d’ombra
6 – Un diritto fondamentale
7 – Progresso sociale
8 – Il potenziale economico
9 – Fermare la guerra contro i migranti
10 – L’umanesimo come valore politico

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INTEGRAZIONE:
Oltre al decalogo di Gemenne e Agier, segnalo altri due testi a favore dell’apertura delle frontiere.
Il primo, in italiano, è un libro di Luigi Manconi e Valentina Brinis intitolato “Accogliamoli tutti. Una ragionevole proposta per salvare l’Italia, gli italiani e gli immigrati“, edito da il Saggiatore.
Il secondo, in inglese, è un articolo di Philippe Legrain pubblicato sul “New York Times” il 6 maggio 2015: “Open up, Europe! Let migrants in” (una presentazione in italiano è stata pubblicata da “Il Post”).

Per completezza, sebbene consideri il discorso sbagliato in premessa perché assume lo slogan della “invasione” come reale, segnalo un articolo di Antonello Ciccozzi sul suo blog sul “Fatto Quotidiano”: “Migranti: alcune perplessità sull’integralismo dell’accoglienza assoluta” (prima parte e seconda parte).

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AGGIORNAMENTO del 6 settembre 2015:
Ieri a Monaco di Baviera, in Germania, sono arrivate alcune centinaia di richiedenti asilo siriani, accolti tra gli applausi di tanti cittadini tedeschi, dopo l’apertura delle frontiere del loro Paese. Il video della BBC ha avuto decine di milioni di visualizzazioni sul web (nonché su fb e su youtube) ed è stupendo, tra commozione e allegria:

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Clicca sullo screenshot per accedere al video della BBC.

Informazioni su giogg

Studio il rapporto tra gli esseri umani e i loro luoghi, soprattutto quando si tratta di luoghi "a rischio"
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