“White Zombie” (“L’isola degli zombies”) (1932), di Victor Halperin, con Bela Lugosi (1h05′)
In questo film – a suo modo un classico – non vi sono gli zombie che abbiamo conosciuto nei tempi più recenti, non vi sono i morti viventi antropofagi dei film di George Romero o delle serie tv attualmente di maggior successo, ma i suoi “protagonisti” sono più precisamente vittime del voodoo haitiano. Il pensiero coloniale e la rappresentazione schiavistica sono evidenti, il ché rende questo film interessante al di là del presunto primato storico di pellicola che ha portato sul grande schermo la figura dello zombie.
Altre info su questo film sono su Wikipedia.
Su Archive.org è possibile scaricarne il file video: QUI.
Sul come e perché lo zombie sia diventato “la metafora del decennio”, ricordo un bell’articolo di Anna Momigliano dell’anno scorso su “Rivista Studio”:
«gli zombie di Haiti (una storpiatura della parola “ndzumbi,” lo spirito dei morti per alcune tribù del Congo). Secondo la tradizione Vudù, si tratta di uomini e donne uccisi da uno stregone e poi risuscitati, ridotti a schiavi incapaci di intendere e di volere, mantenuti in uno stato di semi-catatonia soprannaturale. La credenza negli zombie poteva solo essere figlia di una cultura nata dall’esperienza della schiavitù (gli storici ritengono che il Vudù abbia svolto un ruolo determinante nella ribellione degli schiavi di Haiti, l’unica ad avere portato alla nascita di una nazione indipendente) e dove lo spettro della prigionia si è trasformato nel tempo in un’ansia collettiva» (QUI).
Buona notte del 31 ottobre.
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INTEGRAZIONE del 3 febbraio 2016:
“Il Post” ha pubblicato una galleria fotografica che tratta dei “100 anni di zombie nella cultura pop“: dagli “zombie voodoo” degli anni ’30, lenti e privi di volontà agli zombie dei film, delle serie tv e dei videogiochi di adesso, veloci, paurosissimi e molto più decomposti: QUI.