I cataloghi delle mostre rimandano all’esperienza disorientante del quadro di René Magritte «Ceci n’est pas une pipe». Sul “tradimento delle immagini” messo in scena da quello che è considerato il dipinto-chiave del surrealismo hanno scritto in molti e, in particolare, Michel Foucault, dunque non mi introdurrò su questo sentiero, tuttavia trovo che ripensare a quel quadro possa rivelarsi utile per comprendere cosa siano effettivamente le immagini riprodotte sulle pagine dei libri d’arte. Si tratta di una sensazione che può frastornare e che recentemente ho provato visitando una mostra di statuine (presepiali e non solo) di Giuseppe Ercolano e poi, una volta di più, osservando le fotografie che ne ha scattato Gianni Coppola e pubblicate nel catalogo «Tiempe belle dalle mie mani» (edizioni Con-fine), presentato ieri presso la sala consiliare del municipio di Piano di Sorrento (Napoli) e nel quale ho scritto una scheda relativa ai personaggi del guarattellaro e del Pulcinella.

La locandina della presentazione di “Tiempe belle dalle mie mani”, il catalogo della mostra di Giuseppe Ercolano, le cui opere sono fotografate da Gianni Coppola.
Sfogliando quelle pagine si incontra una cascata di sguardi che si sovrappongono e si completano gli uni con gli altri e che, ad ogni passaggio, aggiungono una quota di interpretazione e di novità. Ne deriva un groviglio di senso difficile da dipanare, forse inutilmente, perché il significato di tale operazione non è riconducibile ad una o ad un’altra chiave di lettura, bensì all’insieme composito e plurale delle visioni che ne hanno reso possibile la realizzazione. La questione di fondo, tuttavia, resta aperta e continua a riproporsi alla mente: se le fotografie di Gianni Coppola non sono le opere di Giuseppe Ercolano e se queste, a loro volta, non sono le tradizioni dei “bei tempi andati”, allora cosa sono?
Ebbene, sono un invito. Più in particolare, sono un invito al gioco.
I «tiempe belle ‘e ‘na vota» del titolo della mostra, ricordati anche dal titolo del catalogo, non sono mai esistiti: fino a pochi decenni fa imperversava la fame, infierivano l’analfabetismo, l’indigenza e le epidemie, le diseguaglianze sociali erano spiccate, così come quelle di genere, per non parlare dei drammi della guerra e della mancanza di democrazia. Tramite le opere di Ercolano che rievocano “tiempe belle”, però, possiamo agire “come se”, possiamo immergerci in un mondo altro in cui inventare ruoli e linguaggi, accadimenti e risoluzioni. Esattamente come i bambini che cominciano i loro giochi con la formula «facciamo che io ero…», così le opere di Giuseppe Ercolano ci inducono a dire: «facciamo che noi eravamo…». I mestieri tradizionali e le scene di vita quotidiana plasmate dalle mani di Ercolano sono una rielaborazione del passato, una selezione della memoria che, al di là della loro veridicità storica, ci consentono di immaginare, di fantasticare, di sognare, di giocare. In breve, ci permettono di alimentare la nostra libertà.
È ciò che viviamo proprio in questi giorni in cui allestiamo l’albero di Natale e addobbiamo con luci e festoni le finestre di casa. Si tratta di riti familiari che si ripetono ciclicamente e che, tuttavia, sono sempre diversi. In particolare, ri-costruendo ogni anno il presepe non rievochiamo giusto una vicenda mitica avvenuta in un altrove spazio-temporale, ma realizziamo un’ambientazione che racconta di noi, dei nostri luoghi, dei nostri desideri, dei ritmi che cerchiamo, della dimensione comunitaria cui aspiriamo; in buona sostanza del mondo che sogniamo. Attraverso una pratica simultaneamente rituale e ludica ci confermiamo e ci ripensiamo nella nostra identità, ci diamo la possibilità di tornare bambini e di creare, insieme ai nostri bambini, un mondo degli adulti armonico ed equilibrato in cui non solo esiste il pazzariello, ma ha “davvero” il volto di Totò e l’acquafrescaia assomiglia un po’ alla nonna che d’estate ci prepara una limonata.
Come il quadro di Magritte, così i “pastori” di Giuseppe Ercolano, con i loro dettagli accurati e il loro realismo, non sono dunque la tangibilità della tradizione o della memoria, qualunque cosa ciò voglia dire, piuttosto sono l’impulso che ci proietta in un mondo fantastico e sublime che dura un anno intero, dal carnevale alla Pasqua, dalla raccolta degli agrumi agli spettacoli di burattini: una realtà che, sotto forme nuove, si rinnova giorno dopo giorno attraverso giochi rituali cui spesso partecipiamo in maniera distratta, ma che invece sono uno strumento per immaginare il domani.
PS: Attualmente in Penisola Sorrentina sono allestite due mostre di Giuseppe Ercolano: presso la chiesa dell’Addolorata a Sorrento fino al 6 gennaio 2014 c’è «Tiempe belle ‘e ’na vota» e presso il municipio di Piano di Sorrento fino al 12 gennaio 2014 c’è «Tiempe ‘e Natale». Gli ingressi sono gratuiti.
PPS: Se non avete ancora provveduto ai regali, questo catalogo d’arte è un’ottima idea. Pensateci.
PPPS: Della presentazione di ieri mattina è disponibile una galleria fotografica di Gianni Coppola.