Segnalo un caso che riguarda innanzitutto la salute, la medicina e la scienza, ma in cui giocano un ruolo molto importante anche il giornalismo e il web (o, almeno, un certo tipo di giornalismo televisivo e il peso di talune “star” che hanno milioni di seguaci sui social-media).
L’altro ieri mattina Fiorello ha ospitato Davide Vannoni nella sua “Edicola Fiore“, sostenendo la causa del cosiddetto “metodo Stamina”, il controverso trattamento terapeutico più volte bocciato dalle istituzioni e dalla scienza perché non fornisce (almeno, non l’ha fatto fino ad ora) prove documentate della sua efficacia e delle sue eventuali controindicazioni, ma soprattutto perché non ha un protocollo verificabile e riproducibile.
Fiorello ha fatto parlare questa persona senza che ci fosse un contraddittorio, senza porre domande, e poi ha linkato il video su fb (ricordo che il suo profilo è seguito da oltre 1mln di persone):
Durante la giornata, però, Fiorello ha tolto il video da YouTube e anche la pagina sul suo website personale è stata disabilitata:
Probabilmente gli avranno spiegato che quel “metodo” non è (ancora?) supportato da dati verificati e verificabili, senza i quali non c’è ragione che la collettività si impegni in finanziamenti milionari o che la sanità pubblica lo somministri ai pazienti. Gli avranno spiegato, inoltre, che il giornalismo de “Le Iene” (la trasmissione televisiva che più di ogni altra si è spesa e si spende in favore di questo “metodo”: in proposito, si legga l’articolo di Salvo Di Grazia linkato qui in basso) è solo clamore e spettacolo, non servizio all’informazione. Fiorello ne avrà dedotto, pertanto, che su questo personaggio “miracoloso” che lucra sulla disperazione della gente bisogna andarci molto (ma molto) più cauti.
Dell’ospite a cui lo showman ha dato spazio nella sua trasmissione mattutina ho letto in questi due articoli:
- Andrea Gentile, Caro Fiorello, perché insistere con Stamina? (“Daily Wired”, 25 novembre 2013)
- Chiara Lalli, Se anche Fiorello difende Stamina (“Giornalettismo”, 25 novembre 2013)
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Sul “metodo Stamina” segnalo tre articoli:
- Lorenzo De Caprio, Stamina si? Stamina no? (“Istituto di Bioetica”, giugno 2013)
- Antonio Scalari, Il post definitivo sul metodo Stamina. Storia di uno «scandalo basato sulla frode e sulle menzogne» (“ValigiaBlu”, 19 ottobre 2013)
- Salvo Di Grazia, Stamina e guarigioni: la salute ai tempi della pubblicità, (“MedBunker”, 8 novembre 2013)
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Sulla mia pagina fb si è accesa una discussione interessante, nella quale un amico ha segnalato questo articolo:
- Nicolò Zancan, “Così Stamina mi ha rovinato la vita” (“La Stampa”, 6 luglio 2013).
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AGGIORNAMENTO del 28 novembre 2013:
Silvia Bencivelli ha scritto ieri su “Strade” un articolo in cui mette a confronto Albert Bruce Sabin (l’inventore del vaccino contro la poliomielite, che non brevettò mai) e Davide Vannoni, proprietario di Stamina: “Stamina e il paradosso del benefattore al contrario” (anche tra i commenti qui in basso).
AGGIORNAMENTO del 2 dicembre 2013
Salvo Di Grazia ha pubblicato un lungo ed argomentato articolo che analizza in contemporanea la comunicazione persuasiva di due casi (pseudo)medici degli ultimi vent’anni, quello “Di Bella” e quello “Stamina”: «Gli argomenti dell’uno somigliano in maniera clamorosa a quelli dell’altro, le scuse del primo sono identiche a quelle del secondo. Ma c’è un particolare che ha fatto la differenza e che nel campo della persuasione è fondamentale, per questo stupisce che proprio Davide Vannoni non lo abbia capito subito» [QUI].
Al termine del post è linkato il video ad uno spettacolo teatrale in cui Micaela Casalboni racconta “Il caso Di Bella”:
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AGGIORNAMENTO del 12 gennaio 2014
“La Stampa” riferisce che, secondo la Procura di Torino, il cd “metodo Stamina” è una truffa. Cliccando sul link si accede ad un archivio di articoli, documenti e video.
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AGGIORNAMENTO del 13 gennaio 2014
Stasera la trasmissione televisiva di Riccardo Iacona, “Presa Diretta” (1h55’17”), è stata dedicata al “metodo Stamina”:
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AGGIORNAMENTO del 3 marzo 2014:
Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini hanno recensito su “Il Sole 24 Ore” (3 marzo 2014) (reperibile anche qui) il libro collettivo “Le cellule della speranza. Il caso Stamina tra inganno e scienza“, a cura di Mauro Capocci e Gilberto Corbellini (Codice Edizioni, Torino, pagg. 266, euro 13. Con contributi dl Paolo Bianco, Elena Cattaneo, Rossella Costa, Michele De Luca, Pino Donghi, Valentina Mantua, Graziella Pellegrini): «Si possono immaginare alcune domande che sarebbe stato logico porsi, e alle quali se si fosse risposto onestamente, né il caso Stamina né quello Di Bella sarebbero mai accaduti».
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AGGIORNAMENTO del 25 aprile 2014:
Lo scorso 23 aprile il procuratore di Torino Raffaele Guariniello ha chiuso le indagini su “Stamina”: Chiusa l’inchiesta su Stamina: venti indagati per truffa e associazione a delinquere. Vannoni: «Accuse infondate». Oltre al presidente della Fondazione e al suo vice Andolina, nel mirino anche 8 medici di Brescia e un membro dell’Aifa (di Niccolò Zancan).
Il giorno dopo si è saputo che: Vannoni indagato anche a San Marino. Aperto un nuovo fascicolo per truffa e somministrazione di farmaci nocivi (“La Stampa”).
Altro articolo interessante è: Partito da una cantina il gruppo sognava un business mondiale (di Niccolò Zancan).
“Il Post” ha ricordato tutti coloro che hanno sostenuto pubblicamente questo cosiddetto metodo: A favore di Stamina. Dopo le accuse dell’inchiesta, a molti che hanno sostenuto la cura vengono chieste spiegazioni: ecco chi sono, dalla tv alla politica, e cosa hanno detto [tra gli altri: Adriano Celentano, Gina Lollobrigida, Claudio Amendola, Nicolas Vaporidis, Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo, Red Ronnie, Lega Nord, vari talk show come “La vita in diretta” (RaiUno), “I fatti vostri” (RaiDue) e “Pomeriggio Cinque” (Canale 5) e soprattutto “Le Iene” (Italia 1)].
Intanto Giulio Golia, uno dei principali sostenitori di questa presunta cura sul versante dell’informazione, respinge le accuse: “Io vergognarmi? E di cosa?”.
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AGGIORNAMENTO del 7 marzo 2015:
Come scrive Chiara Lalli su “Internazionale”:
Tutto quello che è successo con Stamina dimostra per l’ennesima volta perché sia necessario usare strumenti razionali e non lasciarsi trascinare dalla corrente delle emozioni: la paura, il terrore, il disgusto o la ripugnanza sono infatti bussole insoddisfacenti e inaffidabili. Insieme ai “secondo me è così” e ai “io non lo farei mai!”.
Ci servono strumenti analitici e argomentazioni.
Intorno a Stamina si sono agitate espressioni e parole inappropriate: il diritto alla speranza o alla cura, innumerevoli versioni di “perché no?” oppure di “meglio di niente”. In tutti questi mesi quasi tutti hanno ripetuto “metodo” o “metodica” senza ricordarsi o senza sapere che per parlare di metodo sono necessari alcuni requisiti: ci vogliono molti dati, ipotesi da mettere alla prova, se reggono si procede con altre ipotesi e con una teoria in grado di prevedere e di spiegare. Non ci vogliono segreti o misteri, perché i dati e le ipotesi e le teorie devono essere a disposizione di chi vuole provare a ripetere gli esperimenti, perché se riesce solo a me non sono uno scienziato geniale, ma più verosimilmente un cialtrone o un mitomane.
“Strade”, 27 novembre 2013, QUI
DICEMBRE 2013 / SCIENZA E RAZIONALITÀ
STAMINA E IL PARADOSSO DEL BENEFATTORE AL CONTRARIO
di Silvia Bencivelli
Albert Bruce Sabin fu l’inventore di uno dei farmaci più importanti di tutti i tempi, il vaccino contro la poliomielite, ma non volle mai brevettare la sua idea. La vicenda Stamina ci propone invece una modalità opposta e inquietante di cercare di passare alla storia come benefattore.
“È il mio regalo a tutti i bambini del mondo”: uno zuccherino con dentro il vaccino contro la poliomielite. Albert Bruce Sabin fu l’inventore di uno dei farmaci più importanti di tutti i tempi, ma non volle mai brevettare la sua idea e rinunciò da subito al suo sfruttamento commerciale. In questo modo il prezzo del vaccino poté essere contenuto al minimo e in pochi anni il suo zuccherino si sciolse nella bocca di milioni di bambini di tutto il mondo, da allora e per sempre protetti dalla malattia.
Certo, Sabin aveva uno stipendio da professore universitario, e poteva permetterselo. E i brevetti non sono il male assoluto, anzi. Servono per incentivare l’innovazione, perché garantiscono una specie di risarcimento a chi ha impiegato tempo (e risorse!) nella ricerca della soluzione di un grande problema, come lo sviluppo di un farmaco. Non solo: garantiscono anche la collettività, perché durano solo per un certo (limitato) periodo di tempo ma evitano che l’inventore preferisca rifugiarsi per sempre nel segreto industriale. E prima o poi scadono, assegnando all’intera umanità il diritto di usare l’invenzione senza doverne più pagare l’autore. Comunque, Sabin non lo fece, non brevettò: aveva l’arma contro una delle più terribile malattie del tempo e preferì regalarla ai bambini del mondo. Come? Rendendola pubblica. Ed è così che se oggi accostate il nome di Sabin alla parola benefattore e aggiungete dell’umanità, tutti sono sostanzialmente d’accordo.
La vicenda Stamina ci propone invece una modalità opposta di cercare di passare alla storia come benefattore. In questo caso, infatti, abbiamo un presunto rimedio per alcune terribili malattie dell’infanzia (e non solo) che si è cercato di brevettare, ma non si è mai reso pubblico. Esattamente il contrario di quello che farebbe un Sabin delle staminali. Eppure nessun malato protesta sotto la sede della Stamina Foundation. Mentre sotto Montecitorio continua a esserci una tenda da campeggio, avamposto rumoroso di una frangia di fautori del cosiddetto metodo a base di staminali mesenchimali che nessuno ha mai letto su una rivista scientifica. Dopo un periodo di calma apparente, l’avamposto ha scelto la protesta eclatante e un paio di giorni fa ha sparso il proprio sangue sulle foto del presidente della Repubblica: di nuovo, il Sabin sbagliato. Questo succede da ormai da tempo: il paradosso del benefattore che ha la cura per tutto ma la tiene per sé, si sta consumando da più di un anno. Così come il paradosso di quelli che la cura la chiedono alle persone sbagliate o a chi, come il Ministro della Salute, ha avuto il privilegio straordinario di vederla per scritto e ha già pronunciato un sereno no, grazie.
Intanto, l’ultimo colpo di coda dei giudici italiani arriva da Roma, dove con un’ordinanza si è ammessa alle terapie compassionevoli di Stamina una signora affetta da una grave forma di sclerosi multipla. Questo a scavalcare il decreto Balduzzi, che in primavera stabiliva il blocco degli accessi alle cure di Stamina per i pazienti che non fossero già in corso di trattamento. Va detto che anche questi ultimi erano stati affidati alla Stamina Foundation per decisione di giudici, per cui quello romano è solo l’ultimo di una lunga serie. Dall’altra parte si registra che il coordinamento abruzzese delle associazioni dei disabili ha bacchettato la politica locale in procinto di considerare la possibilità di offrire la terapia Stamina a spese della Regione . E non è la prima volta che sono i malati a prendere la parola dalla parte della cosiddetta scienza ufficiale. Anche perché l’incredibile storia del nostro Sabin al contrario forse sta davvero cominciando a vacillare. Per di più, viene il dubbio che persino le platee televisive stiano cominciando a stufarsi.
Intanto la storia delle cartelle cliniche. Va avanti ormai da un paio di mesi. A un perentorio, ma nodale, cosa diavolo state iniettando a questi bambini? Si è risposto con un felice, ma poco utile, alcuni di loro hanno mostrato lievi segni di miglioramento. E a un allora mostrateci questi segni di miglioramento si è risposto con qualche frammento di video, e con nessun documento attendibile. Questi video sono stati mostrati in televisione e si trovano su Facebook e hanno ovviamente molto emozionato le platee. Si tratta di bambini gravemente malati che muovono un piedino, o di persone allettate che nell’inquadratura successiva sono state messe a sedere su una sedia. Video ad alto contenuto emotivo, ma purtroppo di nessun valore scientifico. E comunque, video che non possono essere la risposta alla domanda fondamentale: che cosa c’è in quelle fiale?
Ma passiamo oltre. Il 24 ottobre scorso è stata convocata una conferenza stampa a due passi dalla tenda da campeggio di cui sopra e si è detto che sarebbe stata l’occasione per mostrare ai giornalisti le cartelle cliniche dei pazienti curati con le staminali di Stamina. E, invece, per la delusione degli astanti le tre ore di conferenza stampa si sono concluse con quella che i più acuti osservatori hanno definito una infinita supercazzola. Le cartelle, infatti, se di cartelle si trattava, sono state mostrate a gran velocità, mescolando pazienti e malattie, e non sono mai state consegnate (nonostante le ripetute richieste e le ripetute promesse) a nessuno di quelli che ne avevano fatto richiesta. Poi è stato detto che sono in questo momento al Tar del Lazio e che, di conseguenza, non possono essere date ai giornalisti. E ancora oggi se ne parla ma nessuno le ha.
In conferenza stampa, oltre a Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation, e a Marino Andolina, pediatra e vicepresidente, era presente il “medico indipendente” Massimo Sher, medico legale, sessuologo, con un interessante precedente legale. Il quale ha redatto una relazione per conto delle associazioni pro-Stamina (quindi indipendente nel senso di freelance che in quel momento ha come cliente le associazioni). La relazione di Sher è stata declamata facendo ripetuti riferimenti a un torpedone che avrebbe potuto contenere i tanti altri medici disposti a certificare la bontà della terapia, purtroppo in quel momento assenti, e con numerosi riferimenti in latinorum a una poco chiara prassi medica. In compenso, alcuni certificati medici sono stati pubblicati su Facebook.
Ora, Facebook è una sede decisamente irrituale per il confronto scientifico. In più i certificati di cui stiamo parlando presentavano un’anomalia non da poco. Cioè riportavano il nome del certificato (peraltro minorenne) ma non del certificatore. Alcuni osservatori particolarmente pedanti notavano anche la forma poco professionale della scrittura e perfino l’impaginazione artigianale. Ma sono cose che girano su Facebook e lì, si sa, non si va tanto per il sottile. Alcune cartelle cliniche, o schede di dimissione ospedaliera, sono state mostrate in tv (altra sede irrituale…). Anche qui parti di cartella clinica sono volate rapidissimamente sullo schermo, con rari effetti di luce a sottolineare qualche parola qua e là. Chi ha fatto un fermo immagine ha però letto anche il resto, e non è riuscito a confermare la tesi del servizio televisivo, cioè quella del miglioramento. Per cui anche sulle cartelle cliniche pare che adesso la temperie sia quella di sorvolare. Adesso all’obiezione mostrateci questi segni di miglioramento si dà una nuova, sorprendente, risposta: li ha visti anche il Papa.
E che cosa vuoi dirgli, al Papa? Non puoi nemmeno far notare che è perito chimico, perché l’upgrade a Papa rende irrilevanti i titoli precedenti. Comunque anche su quello che è successo davvero col Papa le letture sono divergenti. Non è mai stato confermata dalla sala stampa vaticana, per esempio, l’intenzione del Papa di telefonare al nostro Ministro della Salute per chiedere la terapia per i bambini i cui genitori ne stanno facendo richiesta (in fondo, per lui, è il ministro di uno Stato estero). Quello che si è visto in tv è invece un Papa sicuramente colpito dalle condizioni della povera bambina e attento ai discorsi del padre, ma chiuso in un laconico vedremo che cosa sarà possibile fare. Intanto: prego per voi. Del resto, da un Papa ci si aspetta più una preghiera che una flebo.
E del resto, viene da chiedersi come si potrebbe conciliare la pietà religiosa con un’evidenza drammatica: la bambina portata a visita in Vaticano è una. Ma là fuori i malati sono tanti. E se davvero qui siamo di fronte a un anomalo Sabin convinto di non dover rendere pubblico niente per difendere i bambini, prima o poi un Papa medio dovrà fargli notare quella che oggi, ai più, appare ormai ovvio: finché questo metodo rimane oscuro, non solo non può essere verificato e messo alla prova, ma eventualmente non può nemmeno essere impiegato per il bene dell’umanità.
Eventualmente, perché ormai, dopo tanti tira e molla, tante frittate rigirate, tante attese e tanti servizi televisivi, tanti video voyeuristici, tanti like su Facebook e tante parole disattese, il sospetto è che anche un Papa medio consideri più volentieri l’esempio di San Tommaso che la figura di un anti-Sabin tutto italiano.
“Libernazione”, 19 dicembre 2013, QUI
STAMINA: IO MI INCAZZO
di ESSEDG
Il metodo stamina è diventato un vero e proprio caso mediatico e, come spesso accade, divide l’opinione pubblica.
Da una parte ci sono i malati e le loro famiglie che, disperati, scendono in piazza per richiedere l’accesso ai trattamenti. Dall’altra la comunità scientifica che nutre seri dubbi su questo metodo.
Poi ci sono alcuni programmi televisivi, generalmente molto seguiti, che strumentalizzano e banalizzano la questione: Le Iene è un perfetto esempio. Cavalcano l’onda del sentimento per fare ascolti, facendo vedere solo quello che gli fa comodo; il video andato in onda in prima serata è qualcosa di terrificante.
E mentre oggi impazza ovunque la notizia che non c’è traccia di cellule staminali nelle infusioni e che, addirittura, ci sarebbe il rischio di contrarre malattie infettive come l’Hiv e la sindrome della mucca pazza, io mi incazzo.
IO MI INCAZZO con chi vuole lucrare sulla sofferenza di queste famiglie e soprattutto con chi difende Vannoni per farsi vedere paladino dei deboli.
IO MI INCAZZO con questi truffatori che si pongono come vittime di poteri forti e complotti.
E, si sa, il complotto rassicura.
IO MI INCAZZO perché molti di quelli che chiedono che il metodo stamina sia accessibile sono gli stessi che si lamentano per gli sprechi di soldi pubblici.
IO MI INCAZZO con i programmi televisivi come Le Iene che campano sulla disperazione di queste persone e allora cercano l’audience, magari per segnare una risibile “vittoria” sul mainstream.
Umanamente comprendo malati e familiari che, davanti all’impossibilità di una cura, si affidano ai venditori di elisir. Non me la prendo con loro che si attaccano comprensibilmente ad ogni “speranza”.
Capisco la disperazione, è la stupidità che proprio non mando giù.
“Il Sole 24 Ore”, 2 marzo 2014, QUI o QUI
L’INGANNO DI STAMINA
Un vademecum delle domande preliminari che i decisori pubblici devono porsi per evitare il ripetersi di casi devastanti come quelli di Di Bella e ora di Vannoni
di Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini
Si possono immaginare alcune domande che sarebbe stato logico porsi, e alle quali se si fosse risposto onestamente, né il caso Stamina né quello Di Bella sarebbero mai accaduti. Sono domande che, partendo da istanze di mero buon senso, qualunque persona si trovasse a dover decidere su una materia non medica si farebbe prima di aderire a un’offerta, e che consentono di accertare la plausibilità e la pericolosità di innovazioni mediche che appaiono a prima vista promettenti. Quali competenze ed esperienze hanno coloro che propongono il trattamento? Ovvero il Di Bella di allora e i Davide Vannoni e Marino Andolina di oggi hanno alle spalle risultati controllati e competenze medico-scientifiche accertate che consentano loro di offrire ai malati, o direttamente o tramite una struttura sanitaria pubblica, i trattamenti in questione? Di fatto, Di Bella era uno sconosciuto e modesto fisiologo, senza alcuna competenza oncologica o esperienza clinica, Vannoni è un professore di psicologia con una laurea in Lettere e Filosofia, mentre Andolina è un ematologo che ha fatto alcuni trapianti di midollo, ma che non ha alcuna conoscenza di biologia delle staminali e di clinica delle malattie neurodegenerative, quelle stesse che l’«intruglio Stamina» pretende di trattare. Volendo immaginare, cosa molto improbabile allo stato attuale delle scienze mediche, che anche in assenza di specifiche competenze o relazioni scientifiche qualcuno sia riuscito a inventare un trattamento innovativo per qualche malattia, è ragionevole e moralmente doveroso richiedere una descrizione completa delle procedure utilizzate per la preparazione dei trattamenti e gli effetti degli stessi. Dovrebbe, pertanto, essere specificato in qualche protocollo pubblico, sottoposto o meno che sia a una richiesta di brevetto, ovvero condiviso e discusso nell’ambito della letteratura scientifica, cosa contiene il trattamento e quali effetti provoca sui pazienti. Questo non è stato ovviamente il caso del trattamento Di Bella – salvo quando è arrivati alla famosa sperimentazione che in ogni caso ha anche lasciato strascichi – e non è il caso del trattamento proposto da Stamina Foundation. Non esisteva né esiste tuttora nulla di documentato sul piano pre-clinico e clinico riguardante il cosiddetto metodo proposto da Stamina Foundation, e nella domanda di brevetto rifiutata dall’USPTO sono presenti dati plagiati da lavori preesistenti e già pubblicati, che sono peraltro in gran parte artefatti sperimentali. Per quel che riguarda l’uso delle cellule staminali mesenchimali (MSC)come trattamento di diverse condizioni cliniche, quello che si sa è relativo a informazioni incerte su uso di queste cellule in regime di buona pratica clinica (GCP) da parte di alcune company e cliniche statunitensi, ma che proprio per le differenze di preparazioni non sono paragonabili a quelle che Vannoni & Co. dicono essere contenute nei loro preparati. Entrando nel merito della decisione di usare il trattamento in un ambito clinico, si sa che è preliminare ottenere il consenso informato, e quindi eseguire anche una stima dei rischi in rapporto ai potenziali benefici. Era possibile ciò nel caso Di Bella o per la vicenda Stamina? Erano e sono cioè disponibili informazioni da fornire ai pazienti e ai comitati etici in funzione della sottoscrizione di un valido consenso informato? La risposta, anche alla luce di quanto accertato nei punti precedenti, è: no. Rimarrà, infatti, da chiarire come sia stato possibile che il Comitato etico degli Ospedali Civili di Brescia abbia autorizzato quei trattamenti sperimentali, in realtà empirici o cosiddetti, in alternativa e impropriamente, compassionevoli. Quando un trattamento è compassionevole? Che cosa è una terapia compassionevole? Si poteva e si può giudicare compassionevole un trattamento di cui non si conoscono sicurezza ed efficacia, ovvero che non è neppure in studio per la cura di qualche malattia specifica sulla base di dati preclinici? Il trattamento Stamina rientra nei criteri di legge che regolamentano l’uso di un trattamento come compassionevole? Sappiamo di no. Infine, al di là di ogni ragionevole dubbio, la trasparenza e l’onestà sono condizioni indispensabili per dare affidabilità pubblica alle decisioni. Le persone, scienziati, medici e politici, coinvolte nella valutazione della plausibilità o razionalità del trattamento e nel controllo della sua efficacia hanno qualche conflitto di interessi? Ovvero, c’è qualche interesse personale, sul piano dei ritorni economici odi un’autopromozione, a che il trattamento venga utilizzato comunque, da parte di qualcuno che si trova è chiamato a giudicare la validità o a istruire le procedure di esame delle basi conoscitive o dei dati cinici, e da parte di chi prende decisioni dal punto di vista amministrativo o politico? Nel caso Stamina, a differenza del caso Di Bella, si sono avute diverse incursioni da parte di enti, come il Centro Nazionale Trapianti, o di ricercatori, come Camillo Ricordi, o di politici, come alcuni esponenti della Regione Lombardia, che avevano interessi o collegamenti con attività che potevano trarre vantaggio da una strumentalizzazione della vicenda Stamina. Rispondendo alle domande precedenti, le istituzioni politico-sanitarie sarebbero in grado di prevenire e stabilire la validità di nuovi trattamenti che vengono proposti al di fuori dei percorsi che tradizionalmente selezionano i trattamenti sicuri ed efficaci da quelli non efficaci o efficaci ma con importanti effetti collaterali. Non esistono purtroppo strategie preventive e garantite per evitare che l’azione indipendente della magistratura, che può farsi arbitraria, o l’abuso della libertà di stampa alimentino e diano spazio a manipolazioni e aspettative illusorie. Su questi piani, quello del diritto e quello dei mezzi di comunicazione, solo una più efficace istruzione e una più completa formazione della classe politica e dirigente, ma anche dei cittadini, possono creare le condizioni perché le probabilità che si verifichino nuove vicende Stamina diventino molto basse.
Mauro Capocci e Gilberto Corbellinl (a cura di), Le cellule della speranza. Il caso Stamina tra inganno e scienza. Codice Edizioni, Torino, pagg. 266, euro 13. Con contributi dl Paolo Bianco, Elena Cattaneo, Rossella Costa, Michele De Luca, Pino Donghi, Valentina Mantua, Graziella Pellegrini.
“Internazionale”, 6 marzo 2015, QUI
USIAMO LA RAGIONE CONTRO IL BUIO DI STAMINA
di Chiara Lalli (bioeticista)
In questi ultimi anni Stamina ha animato feroci discussioni e ha forzato – facendola arretrare – la linea difensiva che le istituzioni e la politica dovrebbero tenere salda contro i ciarlatani.
Ora il clima è raffreddato, anche se non del tutto sedato. Il presunto trattamento Stamina – tenuto intenzionalmente nel mistero, privo di dati sperimentali e dei requisiti per accedere a una sperimentazione, assente dalle riviste scientifiche – era stato presentato da Davide Vannoni (laureato in lettere) come rimedio per molte malattie neurovegetative incurabili.
C’erano tutti gli elementi per un perfetto complotto: un eroe, incompreso e avversato, che vuole salvare l’umanità ma è ostacolato dagli interessi delle case farmaceutiche. Forse anche il crollo è un frammento dell’epica del prode isolato e in lotta contro tutti: Vannoni, imputato per accuse gravissime tra cui associazione a delinquere finalizzata alla truffa, ha chiesto il patteggiamento. Un misero e deludente terzo atto.
Stamina è un ottimo pretesto per analizzare come si dovrebbero avvicinare le questioni, sia in una discussione sia (e soprattutto) quando bisogna decidere di una legge o di dove investire risorse limitate come quelle sanitarie.
Tutto quello che è successo con Stamina dimostra per l’ennesima volta perché sia necessario usare strumenti razionali e non lasciarsi trascinare dalla corrente delle emozioni: la paura, il terrore, il disgusto o la ripugnanza sono infatti bussole insoddisfacenti e inaffidabili. Insieme ai “secondo me è così” e ai “io non lo farei mai!”.
Ci servono strumenti analitici e argomentazioni.
Intorno a Stamina si sono agitate espressioni e parole inappropriate: il diritto alla speranza o alla cura, innumerevoli versioni di “perché no?” oppure di “meglio di niente”. In tutti questi mesi quasi tutti hanno ripetuto “metodo” o “metodica” senza ricordarsi o senza sapere che per parlare di metodo sono necessari alcuni requisiti: ci vogliono molti dati, ipotesi da mettere alla prova, se reggono si procede con altre ipotesi e con una teoria in grado di prevedere e di spiegare. Non ci vogliono segreti o misteri, perché i dati e le ipotesi e le teorie devono essere a disposizione di chi vuole provare a ripetere gli esperimenti, perché se riesce solo a me non sono uno scienziato geniale, ma più verosimilmente un cialtrone o un mitomane.
Si è parlato anche di “cure compassionevoli” come possibile eccezione a una sperimentazione compiuta, dimenticando che nel decreto ministeriale del 5 dicembre 2006 l’espressione non c’era e che comunque non si autorizzava nulla che non avesse già evidenze cliniche di efficacia e di sicurezza. Non si autorizzava, cioè, Stamina (si tratta del cosiddetto decreto Turco, poi Turco-Fazio; alla fine di gennaio la ministra della salute Beatrice Lorenzin ha firmato il decreto ministeriale “Disposizioni in materia di medicinali per terapie avanzate preparati su base non ripetitiva”; sui problemi costituzionali del caso Stamina si veda Paolo Veronesi).
Metodo o farneticazione?
La speranza infondata è illusione, e rispetto a qualcosa che non conosciamo o che conosciamo come dannoso è preferibile niente: è del 2012 un’analisi del contenuto di Stamina che lascia poco spazio alla speranza. Con un “metodo” non validato insomma si possono estorcere soldi alla comunità e al servizio sanitario nazionale approfittando di quel “diritto alla speranza” che è un imbroglio o, come ha commentato la scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo durante la conferenza stampa di presentazione dell’indagine conoscitiva, “un tentativo di frode commerciale, un abuso verso i malati, vittime incolpevoli, il tradimento della richiesta di aiuto”. E con un “metodo” non validato non abbiamo nemmeno la garanzia che l’intruglio sia innocuo.
È bene infine ricordare che Vannoni non ha mai voluto rivelare “il metodo Stamina”, nascondendosi dietro a varie scuse (tra cui un brevetto inesistente) e ponendo un ulteriore e insormontabile ostacolo: come si può firmare un consenso informato per un intruglio ignoto e misterioso? E se domani sostengo che prendendo un po’ di X mescolato a Z posso curare decine di malattie incurabili – senza prove, senza dati, senza sperimentazione – il mio è un metodo o una farneticazione? Le promesse di Stamina non erano molto diverse dal mio siero miracoloso, eppure moltissimi si sono lasciati sedurre, non hanno preteso dimostrazioni, hanno abbandonato la razionalità per cedere alla seduzione della menzogna.
È chiaro che ognuno di noi potrà avere conoscenza di un numero molto limitato di questioni. Non si sta pretendendo l’onniscienza, ma la familiarità con un metodo.Un metodo che suggerisce, tra le opzioni, anche il tacere o il rimandare l’espressione di una opinione. In molti protesteranno: “Ma allora non posso esprimere il mio parere!”. Certo che sì, nessuno pretende di censurare o di frustrare l’urgenza espressiva delle persone, ma si vuole ribadire che non sarà un parere in senso forte, ma una voce tra le tante. Legittima, ma spesso inutile, o addirittura dannosa (come il dichiararsi “con Sofia” intendendo dire “con Stamina”; “con Sofia” come se ci fosse una fazione che potrebbe stare “contro Sofia” e contro i malati e i loro familiari).
Per decidere su Stamina ci sarebbe stato bisogno di conoscere cose non alla nostra portata. Ma per discutere di Stamina basterebbe molto meno. E torniamo al metodo scientifico.
Avvicinarci a quello che non capiamo
“Non siamo fatti solo di ragione!”, in molti protestano. “La scienza non può spiegare tutto”, è un altro modo per ribadire lo stesso concetto. E non sono certo le premesse a essere erronee – perché certo che non siamo fatti di sola ragione e che la scienza non può spiegare tutto – ma le implicazioni. Ovvero: che siccome oltre alla ragione e alla spiegazione scientifica c’è di più possiamo pensare che esistano strumenti migliori.
L’analisi razionale ci permette di avvicinarci a quello che non capiamo, di distinguere gli errori di ragionamento, di evitare o correggere le contraddizioni e le fallacie. È una luce che ci aiuta a muoverci in un terreno complesso, senza la quale rimarremmo fermi oppure saremmo costretti a camminare carponi, allungando una mano per capire in che direzione andare, andando a sbattere contro muri e spigoli che non siamo in grado di vedere.
È meglio camminare in ginocchio al buio o avere una torcia, il più potente possibile? Si potrebbe obiettare che anche la scienza sbaglia e ha sbagliato. Certo e, di nuovo, un buon metodo non significa infallibilità o miracolo – perché altrimenti lo chiameremmo così – ma ci garantisce di fare meno errori, di ridurre la nostra ignoranza, di poter decidere nel modo più consapevole e informato possibile.
Quella torcia non avrà il potere di illuminare tutto l’universo e qualche volta traballerà o avrà bisogno di essere tarata. Ma nessuno potrebbe pretendere che ci si muove meglio senza. Può certamente sceglierlo, senza la presunzione di imporlo agli altri però e senza rendersi ridicolo suggerendo che stare al buio è più poetico.