MalKo ha pubblicato sulla rivista online «Hyde Park» un articolo relativo al Fondo del Gesù, che si chiude con una mia intervista: Massa Lubrense e il Fondo del Gesù, storia di ordinaria edilizia (27 giugno 2013).
«[…] Sempre più persone, dunque, esprimono un malcontento verso questa neo-speculazione edilizia che non porta vantaggi al territorio, anzi: lo impoverisce per la sua parte migliore che è tutta nella naturalità dei luoghi. Da un punto di vista sociale, l’aspetto nuovo è che tali preoccupazioni si inscrivono in un discorso ambientalista che in Penisola Sorrentina ha una storia importante e antica. Già dalla metà del Novecento, personalità come Roberto Pane, Domenico Rea, Mario Maresca, Antonio Cederna, Vezio De Lucia e altri si impegnarono a denunciare il “sacco” della Terra delle Sirene e a difenderne le bellezze. Adesso questa attenzione è particolarmente diffusa e trasversale: emergono grandi e piccoli comitati in difesa del territorio e del paesaggio. In ogni caso, in merito ai parcheggi interrati, da diversi anni è sorto il gruppo “Stop Boxlandia”, che riunisce associazioni ecologiste e persone di diversa cultura politica. Questo gruppo organizza conferenze, incontri, flash-mob, ponendosi in modo critico sui progetti di parcheggi che vengono presentati nei vari comuni della penisola sorrentina. Su tutto però, spicca il nuovo sentire della popolazione, che avverte la necessità di un cambiamento attraverso una maggiore partecipazione democratica su quelli che dovranno essere i criteri di pianificazione e di uso sostenibile del territorio. […]»
PS: altri post sul Taccuino relativi a questo argomento sono QUI e QUI.
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EDIT, 6 aprile 2014:
“I tifosi del Parcheggio […] sono rinchiusi nel recinto ideologico del fare compulsivo, se ne impipano del “tempo grande scultore”, non hanno tempo da perdere. Anche a costo di contraddire se stessi, visto che molti di loro erano sino a qualche anno fa feroci avversari del progetto. E oggi chiamano parco il parcheggio e raccontano che con un parcheggio si ripopola il centro storico, un parcheggio fecondativo” (Giorgio Todde, Riflessione su come un parcheggio rappresenti un’intera cattiva visione della città, in “Eddyburg”, 6 aprile 2014) (anche tra i commenti).
Intanto le devastazioni continuano.
“Corriere del Mezzogiorno”, 27 giugno 2013, QUI
Sant’Agnello, l’agrumeto diventa un parcheggio per gli autobus
Ruspe all’opera da alcuni giorni. I proprietari del fondo: «Tutti i permessi in regola»
di Fabrizio Geremicca
NAPOLI – L’agrumeto diventa un parcheggio per autobus pubblici e privati. Accade a Sant’Agnello, in costiera sorrentina, nel fondo di via San Vito. Proprietà, tra gli altri, di Mariano Pontecorvo, assessore ai lavori pubblici di Sorrento fino al 31 dicembre 2011. Le ruspe sono all’opera da alcuni giorni.
LE IMPRESE – Sbancano, trasformano viottoli in strade, cambiano radicalmente lo stato dei luoghi. Due le imprese impegnate nei lavori: Edil Sud costruzioni e Vuotto Costruzioni. Il permesso a costruire risale al 20 aprile 2011. La zona in oggetto è inquadrata dal piano regolatore generale di Sant’Agnello, approvato nel 2002 e reso esecutivo dall’amministrazione provinciale nel 2005. Gran parte di essa ricade in area M, nella quale il Piano regolatore consente parcheggi per autotrasporti pubblici e privati. Porzioni non trascurabili, però, sono inquadrati come zona E2 – “tutela dell’ambiente naturale di II grado” – e zona H, ovvero “area cimiteriale”.
LA DENUNCIA DEL WWF – La denuncia in Procura del Wwf “Al di là degli aspetti urbanistici, dei permessi e delle autorizzazioni”, dice Claudio d’Esposito, responsabile del Wwf in costiera sorrentina, “quel che lascia però basiti, in questa vicenda, è che ancora nel 2013 si possa pensare di consumare suolo agricolo per fare spazio ad un parcheggio, piuttosto che utilizzare aree già cementificate e prive di vegetazione. Tanto più stupisce se si considera che questo accade in un territorio famoso nel mondo per i suoi agrumeti, peraltro già pesantemente compromessi dalla speculazione edilizia e dalla corsa ai box auto interrati”. Considerazioni analoghe aveva formulato, un anno e mezzo fa, l’avvocato Giovanni Antonetti, che per la tutela della costiera si è battuto a lungo e che è morto suicida pochi mesi fa, lanciandosi dal ponte di Seiano. Proprio un esposto di Antonetti alla Procura di Torre Annunziata pareva aver scongiurato l’arrivo delle ruspe nel fondo di Sant’Agnello. Una illusione. Il Wwf, però, non si arrende e presenta un’altra denuncia, nel tentativo di scongiurare la cementificazione dell’area, che è vasta, complessivamente, circa 4000 metri quadrati.
LA REPLICA DEI PROPRIETARI – I proprietari dell’area, da parte loro, replicano: “Abbiamo tutti i permessi in regola. Lavori autorizzati e legittimi”.
IL SINDACO – Sul caso, non si pronuncia, per ora, Piergiorgio Sagristani, il sindaco eletto circa un mese fa. “Non è un permesso”, dice, “che è stato rilasciato da me. M’informerò. Non sapevo che fossero cominciati i lavori”. Condivide, però, le preoccupazioni degli ambientalisti circa la proliferazione dei box auto sotto i fondi agricoli. “Se ne sono costruiti veramente troppi”, sottolinea, “e cercherò di scoraggiarne altri, con i mezzi legali a mia disposizione, durante la consiliatura. Tra l’altro, ho notato che in alcuni casi i costruttori, qui a Sant’Agnello, non hanno provveduto neanche a ripiantare gli alberi, come impone loro la legge. Se box vanno fatti, si utilizzino le aree già cementificate. Basta con la distruzione degli agrumeti per far posto alle auto”.
INCONTRO IN PROCURA – Il caso boxlandia sarà oggi al centro di un incontro tra il capo della procura di Torre Annunziata, Alessandro Pennasilico, le associazioni ambientaliste e la senatrice del Pd, Luisa Bossa. La Procura oplontina ha in corso varie indagini relative ad alcuni cantieri aperti negli ultimi anni in costiera.
PROPOSTA DI LEGGE – Si apre, intanto, anche un fronte politico, con la proposta presentata dal consigliere regionale del pd, Antonio Marciano, di modificare in senso restrittivo la legge regionale numero 19 del 28 novembre 2001, che ha consentito di costruire i box interrati sotto i fondi agricoli. In particolare, Marciano propone di cassare le norme, introdotte dalla Regione nel 2011 e nel 2012, che consentono di costruire box in deroga al Put e non obbligano più a venderli entro sei mesi dalla costruzione, pena l’acquisizione al patrimonio comunale. “La storia di questi ultimi anni, con il progressivo saccheggio di uno dei paesaggi più belli e conosciuti al mondo come la Penisola Sorrentina, impone l’affermazione di un quadro normativo di riferimento regionale che non lasci spazio ad interpretazioni in deroga ai più elementari strumenti di pianificazione e tutela del territorio”, sottolinea l’esponente del Pd. Aggiunge: “Mi auguro che intorno alla mia proposta si possa costruire un consenso ampio che rappresenterebbe un atto di civiltà e di responsabilità per preservare nel tempo una preziosa fonte di ricchezza, la nostra penisola sorrentina”.
Oggi, 14 luglio 2013, il website «Salviamo il Paesaggio» ha rilanciato l’articolo/intervista di MalKo relativo al Fondo del Gesù di Massa Lubrense: QUI.
Tengo a sottolineare che il titolo dell’articolo è stato cambiato e aggravato. Per quanto preoccupante, il progetto di parcheggio interrato non interessa l’intero agrumeto.
“I tifosi del Parcheggio […] sono rinchiusi nel recinto ideologico del fare compulsivo, se ne impipano del “tempo grande scultore”, non hanno tempo da perdere. Anche a costo di contraddire se stessi, visto che molti di loro erano sino a qualche anno fa feroci avversari del progetto. E oggi chiamano parco il parcheggio e raccontano che con un parcheggio si ripopola il centro storico, un parcheggio fecondativo” (Giorgio Todde).
“Eddyburg”, 6 aprile 2014, QUI
RIFLESSIONE SU COME UN PARCHEGGIO RAPPRESENTI UN’INTERA CATTIVA VISIONE DELLA CITTA’
Riflessione su come un parcheggio rappresenti un’intera cattiva visione della città
di Giorgio Todde
Da circa una dozzina d’anni incombe anche nel centro storico di Cagliari un progetto di parcheggio interrato sotto le mura del bastione della Santa Croce. Molte critiche, pochi sostenitori. Tra i sostenitori l’attuale Giunta della moderna sinistra ecologica e avanzata. Una grande effusione di cemento nel centro antico della città, un progetto ereditato dalla vecchia Giunta sviluppista che prudentemente lo abbandonò.
I tifosi del Parcheggio dentro la rocca di Castello – in crisi di argomenti come tutti i tifosi – raccontano che questo parcheggio incarna la modernità, che chi si oppone vuole mummificare la città, che la città si modifica di continuo e banalità del genere. I soliti argomenti vuoti. Però dimenticano che il Piano Paesaggistico, oltre che il buon senso, vieta di sventrare un contrafforte sotto le mura antiche di un’acropoli. Dimenticano i princìpi del trasportismo anche se un esperto di trasporti glieli ha ricordati. Dimenticano, soprattutto, il valore di quello che hanno ricevuto dal passato, credono di poterne disporre secondo capriccio e interessi.
Nulla da fare, sono rinchiusi nel recinto ideologico del fare compulsivo, se ne impipano del “tempo grande scultore”, non hanno tempo da perdere. Anche a costo di contraddire se stessi, visto che molti di loro erano sino a qualche anno fa feroci avversari del progetto. E oggi chiamano parco il parcheggio e raccontano che con un parcheggio si ripopola il centro storico, un parcheggio fecondativo.
Eppure ne abbiamo ricevuto lezioni dalla piccola storia recente della città. La distruzione della spiaggia del Poetto annientata in quindici giorni da un’idea di matta modernità, la proliferazione di un intero quartiere di palazzacci a ridosso di Tuvixeddu, soffocata e deturpata da una strada camionabile che la taglia in due, la gigantesca colata di asfalto, svincoli e rotonde e l’eruzione di cemento pianeggiante sulle rive del lungomare (il cemento non è orribile solo in verticale), e molte altre pazzie urbanistiche, non sono servite ad adottare neppure la più elementare prudenza.
L’infelice parcheggio dentro i contrafforti delle mura antiche è un vecchio progetto di fine anni ’90 che nel frattempo ha perso pezzi ed è invecchiato sino ad essere vano e illegittimo.Quello di oggi è ostinatamente uguale al vecchio progetto, salvo che per la cancellazione di tapis roulants e scale mobili da fumetto.
Sorvoliamo sul calcolo bugiardo che prevede di eliminare 700 parcheggi in strada costruendone 300 coperti dove rifugiare le auto sottratte alla strada. La matematica si ribella. Sorvoliamo sulla balla che questo colossale versamento di cemento sotto le mura sarebbe invisibile. Non esiste il cemento invisibile. Sorvoliamo perfino sull’idea tragicomica di chiamare parco il desolante tetto di cemento del parcheggio, pieno di bocche di areazione, senza alberi perché gli alberi si intestardiscono a non crescere sul cemento, senza ombra e con aree gioco di gomma dove i bambini rimbalzano. Roba da prozac. Previste, come nel parco della necropoli di Tuvixeddu, papere a molla e cavalli a dondolo per allietare i bimbi che giocano giulivi tra gli scarichi. Là saltellavano tra le tombe, qua tra gli scarichi. Sorvoliamo sulla panzana di un parcheggio per i residenti perché quel garage serve solo ai nostri baristi-architetti della città alta e si ispira alla filosofia della birretta che regge una certa urbanistica alcolica locale. Sorvoliamo anche sull’espressione “parcheggio di scambio” visto che il codice della strada definisce parcheggio di scambio “un parcheggio situato in prossimità di stazioni o fermate del trasporto pubblico locale o del trasporto ferroviario per agevolare l’intermodalità”. Li chiamano anche Park and Ride, ossia parcheggia e viaggia. Ma l’automobilista che parcheggia sotto le mura farebbe solo un tragitto alcolico sino ai long drink sopra le mura. E sorvoliamo sul fatto inquietante che dall’altro lato del colle di Castello c’è il parcheggio disabitato di Terrapieno (600 posti e 80 auto al giorno, usiamo quello) e il Terrapieno che frana, non certo per colpa di qualche pino segato brutalmente in nome di uno speciale odio indigeno per il verde. Anche qui un desolante terrazzo di cemento.
E dopo tanti sorvoli, a proposito di parcheggio, ricordiamo quello di via Manzoni e il suo allagamento cronico. Sembrava un molo a causa di una falda dispettosa che lo allagava. E questa falda proveniva da lontano, dalla rocca di Castello. Oggi resta il “giardino” che l’ingegnere del Comune definiva un gioiello incastonato nel quartiere di San Benedetto. Quel giardino è uno squallido terrazzo di cemento, vietato agli esseri umani perché non si legge il giornale o si gioca respirando i gas di scappamento. Neppure queste esperienze sono servite, no. L’ingegnere è sempre lo stesso, appassionato, si vede, di “parcheggi gioiello”.
E allora riflettiamo sul sottosuolo del nostro centro storico. Soprattutto su quello problematico di Castello e dei quartieri vicini, poco conosciuto e per questo motivo trattato, per millenni, con rispetto da chi lo abitava. E’ noto che Castello scarica acque sotterranee a valle, verso Villanova e Stampace. Ed è certo che quei tre quartieri, in stretta relazione, presentino aspetti preoccupanti per la stabilità dei suoli e delle case.
Per fortuna esiste il PAI, il piano di assetto idrogeologico, che classifica il rischio di frane e alluvioni e si ispira al benedetto principio di precauzione.Il PAI ci è di aiuto per comprendere quanto folle sia l’idea di tre piani di parcheggio interrato sotto le mura di Santa Croce. Aiuta soprattutto a comprendere come la pericolosità di un sito debba essere considerata non solo in sé ma anche in rapporto alle aree circostanti.
E principalmente stabilisce cosa non fare.
Qui, in allegato, potete scaricare il testo integrale dell’articolo che comprende, oltre al testo riportato sopra, anche un breve memorandum e le norme del PAI.