«Basterebbe dire che la pazienza è finita. Basterebbe che qualcuno che conta, un dirigente, un presidente, un allenatore, un capitano, felice ed euforico per la vittoria, andasse davanti a una tv in diretta e dicesse: siamo i più forti, abbiamo fatto una partita meravigliosa, il nostro stadio è il più bello del mondo, ma noi la gente che urla cori razzisti nel nostro stadio più bello del mondo non la faremo entrare più perché non la vogliamo, così come vogliamo che finiscano in prigione quelli che ce lo hanno sfasciato. Basterebbe questo, basterebbe farlo sempre»
(Aligi Pontani, Morosini e non solo, servono regole più forti, 22 ottobre 2012)
Sono sempre scettico sulla richiesta di inasprimento delle pene o sul rafforzamento delle regole, come lascia intuire il titolo dell’articolo che ho linkato qui sopra (che poi, per la verità, non vi indugia). Ritengo che le regole ci siano già e che gli strumenti sociali per riconoscere l’insulto e il razzismo siano forniti già dalla scuola. Penso, dunque, che basterebbe applicare la legge e la buona educazione. Ok, sto parlando di un mondo ideale, nella realtà ci sono un mare di falle. Va bene, allora stiamo all’attualità: facciamo in modo che della diffusa indignazione di stamattina, che apprezzo e condivido, ne resti conservata almeno un po’ per tutte le volte in cui viene insultato un rom, un romeno, un africano, una prostituta, un gay, una lesbica, un musulmano.
Il nostro Paese è bello e lo è anche il gioco del calcio. Ma sarebbero entrambi ancora più belli se ci fossero più coerenza, costanza, continuità, comprensione.