Il 15 settembre 2012 Michele Serra ha scritto un’Amaca (qui) interessante e provocatoria su quello che probabilmente è uno degli argomenti centrali della nostra epoca, quello per cui i primi anni del XXI secolo saranno ricordati nei libri di storia. Le turbolenze, le guerre, il terrorismo che dilania molte società islamiche e che coinvolge (talvolta è causato o fomentato da) le società (cosiddette) occidentali è una questione estremamente complessa su cui non riesco ad avere un’idea chiara ed esaustiva, per cui evito di commentare con frasi da un rigo striminzito. Piuttosto, ciò che mi ha colpito del testo di Serra è l’uso del termine “tribale”, per cui mi sono chiesto: cos’è una tribù, l’uso che facciamo di questa parola è consapevole?
La parola “tribù” andrebbe usata con più delicatezza, perché ha delle sfumature razzistiche risalenti all’Ottocento coloniale. Pierre Bonte, nel “Dizionario di antropologia e etnologia” che ha curato con Michel Izard, spiega che «Il termine tribù […] è stato utilizzato per la prima volta dagli evoluzionisti [sociali] del XIX secolo per indicare l’organizzazione politica di società situate a un certo stadio (barbarie) dell’evoluzione dell’umanità. Sfuggito al fallimento dei concetti evoluzionistici, [questa nozione si applica] a società molto diverse per quanto riguarda la modalità di mantenimento dell’ordine sociale, al di là dell’esistenza di una società centralizzata. [Alcuni studiosi], mostrando le capacità di adattamento delle istituzioni politiche e giuridiche tribali, hanno contribuito, senza volerlo, all’emergere della nozione di “tribalismo”. Tale concetto designerà, in modo peggiorativo, quei comportamenti collettivi che, in queste società, si oppongono alla formazione degli Stati moderni».
Michele Serra non è sprovveduto e utilizza la parola “tribale” accanto ad “islamista”, così da ridurre e specificare il contesto, tuttavia l’ambiguità del termine resta ampia, troppo ampia e lascia intravedere quello che Edward Said definisce «atteggiamento orientalista», cioè quell’attitudine (ormai inconscia) di considerare l’orientale come «irrazionale, decaduto (o peggio, degenerato), infantile e “diverso”, così come l’europeo è razionale, virtuoso, maturo, “normale”».
Ok, la situazione è complicata. Ma per tentare di scioglierla si potrebbe cominciare ad usare una parola meno politicamente e culturalmente connotata. O, per chi voglia osare di più, si potrebbe utilizzare qualche sinonimo di “tribale”, ad esempio “parrocchiale”.